Regia di John Lasseter vedi scheda film
Un capitolo di passaggio che non fa la stessa fine di quasi tutti gli altri sequel Walt Disney, battendoli tutti dal primo all'ultimo Film giocoso e dissacrante anche se le novità sono poche visto che mantiene la stessa struttura narrativa e la stessa tecnica Un'altra avventura di Woody e Buzz condita da una riflessione sulla vita e la sua fine.
Lo confesso, quando seppi che la Pixar avrebbe editato il seguito di "Toy Story" fui spaventato dalla notizia abituato com'ero alle tecniche di marketing della Walt Disney Pictures. Essa, difatti, per tutti gli anni '90 aveva sfornato numerosi seguiti di titoli ben più famosi, i quali solitamente avevano come unico scopo quello di sfruttare il più possibile un nome che aveva fatto sognare il pubblico così da spremere fino all'ultima goccia il denaro ricavabile, stile sceriffo di Nottingham per restare pertinenti.
Tantissimi sequel che ho volutamente dimenticato per non rovinarmi il sol pensiero di un'altra ipotetica visione dei ben più riusciti classici ("Pocahontas 2", "Mulan 2", "La Sirenetta 2", "Cenerentola 2"...) e giusto un paio o tre seguiti che per lo meno erano appena sufficienti ("La Carica dei 101 2", "Il Re Leone 2", "Aladdin e il re dei ladri").
Ecco però che la Pixar mi sorprese, svelando un titolo validissimo, divertente e con delle interessanti tematiche, anche se sicuramente non portava con sè l'aria innovativa del primo capitolo che, oggettivamente, deve essere considerato un capolavoro e un nuovo tassello della storia d'animazione.
Come sono riusciti, dunque, John Lasseter e i suoi a sorprenderci ancora una volta, con un'ennesima avventura dei giocattoli di Andy? Pur ricalcando la linea narrativa del precedente capitolo (rapimento - salvataggio - mirabolante ritorno a casa), lo studio Pixar ha fatto esattamente ciò che ci si aspetta da dei film seriali: ampliare personaggi e tematiche, porre le basi per la degna conclusione la quale avverrà nel capitolo successivo e ingegnarsi per dare qualcosa di più al pubblico che non sia la solita storiella e la solita morale. Iniziamo con ordine dunque.
Se proprio vogliamo trovare una critica da fare a questo seguito, in effetti, è sui nuovi personaggi introdotti: sicuramente apprezzabili ma non possiedono minimamente lo spessore di quelli del primo film. Escludendo Stinky Pete (la cui personalità sarà addirittura riproposta nell'antagonista del terzo film) tutti gli altri non hanno il tempo necessario o mancano proprio di una personalità ben scritta come quella degli altri per rimanere impressi. Essi vengono a malapena utilizzati come pretesto per una scena comica, basti pensare che il falso Buzz conquista ben più di Jessie, la quale non è altro che la controparte specchiata di Woody, con la medesima testardaggine e parlantina ma un pizzico di abilità in più.
Oltre ai vecchi personaggi e ad una trama che si snoda pressochè come il film precedente, tornano anche gli argomenti già presi in considerazione: anche stavolta la Pixar si sofferma sui concetti di vecchio e nuovo con i relativi contrasti, ma stavolta non ne fa un discorso semplicemente figurativo.
Woody dovrà confrontarsi durante la sua permanenza da Al McWigging, letteralmente col tempo che corre inesorabile e con il suo essere: il nostro amato cowboy è ormai un giocattolo sorpassato che ha avuto il suo successo addirittura ai tempi della TV in bianco e nero; giunto a quella che si potrebbe definire vecchiaia è ben più fortunato di altri giocattoli (come il povero Wheezy) per il fatto che è diventato merce pregiata per collezionisti. La scelta che gli si para davanti, in un certo senso, è quasi più umana che artificiosa: scegliere uno stato di simil-immortalità non accettando la fine inesorabile che colpisce chiunque, cose, persone o animali che siano, diventando una semplice esposizione da museo quindi relegato sotto una teca come una mummia egizia oppure affrontare il proprio destino e vivere con gioia gli ultimi anni che gli rimangono a fianco del suo fantasioso e amato padroncino.
La sua scelta è più umana di quanto possa sembrare, insegnando quanto non sia il tempo che si rimane su questa Terra ad essere importante, ma le persone con cui lo si trascorre e di come sia preferibile affrontare il proprio destino nudo e crudo anche se esso fosse la morte, anzichè rifuggirlo con una vita grama e logorante.
Lasseter e i suoi non lasciano fuori neppure il nuovo, mostrando di quanto invasive e rapide siano le leggi del merchandasing: il fenomeno Buzz Lightear ha dato il via ad un videogioco, nuovi personaggi quali l'imperatore Zurg e nuovi modellini identici al vecchio giocattolo astronauta ma con "nuovi strabilianti gadget" per dirlo con parole pubblicitarie, che in poco tempo hanno messo al tappeto (letteralmente) il Buzz che conosciamo.
In più, il lungometraggio animato fa la giusta scelta di porre le basi per il prossimo film mostrandoci a cosa vanno incontro Woody e la sua cricca rimanendo con Andy sia tramite le parole di Stinky Pete sia con un inaspettato sentimentalismo attraverso la storia narrataci da Jessie: un momento cantato davvero commovente che la Walt Disney ultimamente non riesce più a fare.
"Quanto tempo durerà, Woody? Credi davvero che Andy ti porterà all'università? O in viaggio di nozze? Andy sta crescendo, e purtroppo tu non puoi farci niente. È una tua scelta, Woody. Puoi tornare a casa o restare insieme a noi e diventare immortale. Sarai amato da molte generazioni di bambini."
Ultimo, ma non meno importante, è il fattore che riguarda la comicità e il citazionismo facenti parte dell'opera. Nessun dubbio che questo secondo capitolo sia il più umoristico dei tre ove ogni scena probabilmente vi farà ridere a crepapelle per le situazioni messe in gioco dagli animatori tramite la sceneggiatura od occasioni in cui è preferibile "usare la testa". Neppure i titoli di coda sono risparmiati proponendo un numeroso repertorio di gag e scene tagliate che scherzano sul film stesso o su giocattoli come le Barbie costrette a sorridere continuamente per lavoro come fossero delle hostess.
Come detto prima, anche il parodizzare ha un ruolo fondamentale nel film: abbiamo tantissime sequenze che faranno sorridere qualsiasi appassionato di cinema da Star Wars a Jurassic Park fino alla sconfitta dell'antagonista di turno in puro stile Hitchcock.
Importante sottolineare che è proprio di questa terza componente che il film si avvale prevalentemente. Se non fosse per le strutture che ritorneranno nel terzo capitolo e i momenti dedicati ai pensieri di Woody, si potrebbe riassumere il lungometraggio animato in un puro divertissement montato in puro stile Pixar con la trama snodata in due scenari paralleli (come accadrà nuovamente ne "Alla ricerca di Nemo") e con la solita cura per i disegni computerizzati posta da questo brillante studio, che si migliorerà ancora di più nel loro lavoro successivo "Monsters Inc.".
Un vero e proprio capitolo di passaggio che fortunatamente non fa la stessa fine di quasi tutti gli altri sequel Walt Disney Animation, dimostrazione di quanto i due studi stiano ben separati visto che questo lungometraggio se li mangia tutti dal primo all'ultimo.
Un film giocoso, dilettevole e dissacrante anche se le novità sono ben poche visto che mantiene la stessa struttura narrativa del precedente e la tecnica è praticamente la stessa, altri non è che un'altra avventura di Woody, Buzz e gli altri condito però, da una interessantissima riflessione sulla vita e sull'ineluttabilità della fine.
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