Regia di Kimberly Peirce vedi scheda film
Preso atto della magnifica prova di una Hilary Swank in stato di grazia (per lei meritati Oscar e Golden Globe), cosa resta di questo tanto acclamato "Boys don't cry"? A dire il vero non molto. La descrizione di una provincia americana bastarda, violenta ed ignorante è dura e brutale, anche efficace tra appartamenti sporchi e cadenti, paesaggi piatti e tutti uguali, noia di vivere e giornate passate ai bar a ubriacarsi o davanti alla televisione a rincitrullirsi, "un buco dove non si fa altro che sci d'auto e caccia ai pipistrelli" come dice Lana, ma non aggiunge nulla di nuovo a quanto già visto altrove. La contrapposizione tra la semplicità e la purezza di Brandon e l'ottusità di chi gli sta intorno è schematica e semplicistica. Ed infatti i personaggi di contorno ricalcano stereotipi troppo riconoscibili e non risultano particolarmente incisivi, anche perché affidati ad alcuni interpreti inadeguati (Chloe Sevigny su tutti, benché abbia ricevuto una nomination agli Oscar e ai Golden Globes). Le scelte di regia sembrano più che altro scolastiche citazioni di Gus Van Sant e David Linch. Il procedere della narrazione è ripetitivo e monotono, salvo il picco di tensione dell'ultima mezz'ora. Sembra il consueto prodotto indipendente americano incapace di uscire da strade già battute e note. Certo la figura di Teena Brandon è potente e a suo modo commovente nella sua innocente ricerca di identità, comprensione ed amore, ma il film non sembra coglierne al meglio il dramma, la confusione, le inquietudini e le ambiguità interiori, limitandosi ad una ricostruzione sterile e anche superficiale di una tragica vicenda realmente accaduta. E' un film sofferto, notturno (bella la sequenza della corsa in automobile), sporco e crudo, soprattutto nella seconda parte (lo stupro dei due delinquenti su Brandon non si dimentica, un vero pugno nello stomaco, il finale è spietato e disperato) probabilmente necessario, con il merito di evitare una provocazione fine a se stessa, ma da un punto di vista cinematografico è per lo più freddo, incolore e risaputo, se non fosse per la dolcezza, la generosità e la caparbietà di una ragazza sfortunata e sognatrice che voleva solo essere se stessa. Non le è stato però permesso in una società gretta e razzista che le ha tarpato le ali prima che potesse spiccare il volo, finalmente libera e consapevole, senza maschere, inganni e bugie. Una società in cui, purtroppo, ancora i ragazzi non piangono. In una colonna sonora notevole spicca "Bluest eyes in Texas". Scritto dalla regista con Andy Bienen. Nel ruolo del violento John si segnala in uno dei primi ruoli significativi il bravo Peter Sarsgaard. Uscito in Italia vietato ai minori di 18 anni.
Voto: 6
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta