Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
Un uomo, per quanto abbia agito nel giusto e nel rispetto delle leggi, non ha la certezza assoluta di essere al riparo da traversie imprevedibili, da accuse talmente gravi da frantumare ogni sua prospettiva in un istante. Soprattutto in condizioni straordinarie, che richiedono di oltrepassare i limiti consueti, basta un contatto equivoco per ritrovarsi nell’occhio del ciclone, in una strada sguarnita di uscite.
Al contempo, ci sono delle persone che prendono sul serio ogni incarico, anche quelli caratterizzati da apparenze che consiglierebbero di trascurare ogni approfondimento dando il via libera a sentenze emanate a scatola chiusa. Individui dall’alto profilo morale, che all’interno di una stanza buia cercano disperatamente l’interruttore della luce, spendendosi fino a rischiare la loro stessa posizione per raggiungere la verità.
The mauritanian incrocia questi profili elevandoli e ricorre ad archetipi narrativi per illustrare una vicenda che non può – e neanche deve - distribuire soluzioni inarrivabili, ma parimenti trasmette un messaggio forte e chiaro, nobilitato dall’adesione di tre interpreti encomiabili.
Dopo cinque anni di detenzione a Guantanamo, Mohamedou Ould Slahi (Tahar Rahim), un mauritano accusato di aver avuto un ruolo centrale negli attentati dell’11 settembre 2001, riceve la visita dell’avvocata Nancy Hollander (Jodie Foster) e della sua assistente Teri Duncan (Shailene Woodley), intenzionate a difenderlo.
Mentre le due donne cominciano ad accertare lo stato di fatto della situazione, Stuart Coach (Benedict Cumberbatch) assume l’incarico dell’accusa, fermamente determinato a inchiodare Slahi, arrivando a ottenere il massimo della pena.
Entrambi gli schieramenti si scontreranno contro l’oscurantismo delle istituzioni, ma faranno tutto ciò che è in loro potere per fare chiarezza e giungere alla verità.
The mauritanian declama la cronaca di un evento realmente accaduto (chissà quante volte in termini non molto dissimili), stabilendo immediatamente un perimetro operativo per poi rispettarlo con pertinenza fino all’ultimo giro. Dunque, imposta due traiettorie, quelle che muovono rispettivamente le azioni di difesa e accusa, e due fasi, la prigionia del protagonista e le sue esperienze precedenti.
Se formalmente il film diretto con mano ferma dallo scozzese Kevin MacDonald - premio Oscar per il documentario Un giorno a settembre e molto apprezzato per L’ultimo re di Scozia - ha il merito di equilibrare le protratte triangolazioni tra situazioni distanti per tempi e luoghi, la parte del leone spetta comunque alla sua valenza tematica.
In questo campo, vanta linee guida inappuntabili. Scuote la coscienza affrontando nervi scoperti, come il pericolo derivante da una giustizia grossolana e dai poteri speciali assegnati in condizioni di emergenza, la necessità di conservare sempre un presidio qual è un processo equo e di non annullare mai i diritti fondamentali, senza attribuire peso all’opinione pubblica, troppo condizionata dall’emotività del momento.
Per rendere evidente tutto ciò, i tre personaggi centrali risultano determinanti e altrettanto vale per chi è stato chiamato ad assumersi l’onere di interpretarli. Così, Tahar Rahim – al suo meglio dai tempi de Il profeta - svetta per l’incredibile umanità che trasmette ricorrendo a un vasto spettro empatico, Jodie Foster è rimarchevole per l’abnegazione e impeccabile nella performance mimetica (particolare che consente di ammirarla nel pieno della sua età), mentre Benedict Cumberbatch esprime magnificamente il senso del dovere, la proporzione tra la sete di giustizia e i conti con la realtà.
Riepilogando, The mauritanian possiede tutti i crismi per rientrare a pieno titolo nella categoria dei film necessari. Raccoglie e dispensa informazioni, accusa un sistema che incastra e mette i bastoni tra le ruote a chi vuole semplicemente vederci chiaro, valorizza uomini e donne che affrontano sfide dispendiose attingendo a un profondo e immacolato senso dell’etica. Senza imbucate clamorose, ma con un finale in crescendo di dirompente efficacia, tra violenze subìte e le reazioni di chi ne ripercorre le tracce scritte, in una tripla associazione tra immagini e sgomenti espressivi che toglie il fiato.
Fiero e collegiale.
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