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Il potere del cane

Regia di Jane Campion vedi scheda film

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La recensione su Il potere del cane

di port cros
8 stelle
78ma MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2021 - IN CONCORSO
 
Montana 1925: i fratelli Phil e George Burbank (rispettivamente Benedict Cumberbatch e Jesse Plemons) sono ricchi allevatori, il secondo più posato e civile del primo, mandriano rude con arie da bullo.
Il film ce li presenta mentre si fermano a pranzare nella locanda della vedova Rose (Kirsten Dunst), il cui figlio Peter (il sottile lungagnone Kodi Smit-McPhee), delicato e dall'atteggiamento effeminato, compone elaborati fiori di carta dai ritagli di giornale per adornare i tavoli del ristorante, attirandosi pertanto lo scherno dei mandriani machisti.
Con grande scorno di Phil, che detesta madre e figlio, George decide di sposare proprio Rose, che si trasferisce così a vivere nella loro magione in mezzo ai pascoli montani. Se con la donna il cognato, indisciplinato e insofferente a convenevoli e sapone, ingaggia un serrato duello musicale tra pianoforte e banjo, il figlio Peter, quando viene passare l'estate al ranch dai suoi studi di medicina, viene impietosamente sbeffeggiato dagli uomini di Phil, che lo denomina spregiativamente "Miss Nancy".
Ad un certo punto però, complice anche la nostalgia per il mentore Bronco Henry che decenni prima gli aveva insegnato a cavalcare, il cowboy si riavvicina inaspettatamente al ragazzo, che aveva saputo individuare l'ombra del cane sulla montagna che solo il suo maestro aveva colto ad un primo sguardo, tanti anni prima. Tra i due si instaura così anche una tangibile tensione sessuale che smaschera gli abissi di omofobia e maschilismo ostentati da Phil, e si capisce che pure con Bronco Henry c'era stato qualcosa durante la sua gioventù. E nel finale vedremo addirittura rovesciarsi in maniera spiazzante i ruoli predefiniti di oppressore e vittima.
 

Benedict Cumberbatch

Il potere del cane (2021): Benedict Cumberbatch

 
Jane Campion ritorna dopo dodici anni a dirigere un lungometraggio e sceglie una storia - inaspettatamente per lei - dominata da protagonisti maschili, seppur ci imbastisca una bella riflessione sui ruoli e le gabbie di genere. Comunque l'autrice fa centro con questo affascinante post western ambienato negli Anni Venti di un secolo fa, indagando con sottigliezza i temi della trappola del maschilismo tossico imperante in quella società impietosa e dell'emergere faticoso di identità che oggi definiremmo queer in quel mondo che restava arcaico e selvaggio, ancora alla frontiera della civiltà (che comunque allora era iperconservatrice e repressiva pure al centro). Lo scontro-incontro tra Phil e Peter è trattato con profondità e sensibilità, seppur ritenga la prima parte (lo scontro) più efficace e a fuoco della seconda, su cui comunque mi riservo di dare un giudzio definitivo dopo una seconda visione, probabilmente necessaria ad un'opera che non si sforza di essere immediata.
 
In un film che invece si sforza eccome di essere visivamente evocativo, riusciendoci appieno, bellissima è la fotografia che compone giochi di luci ed ombre sugli scenari naturali mozzafiato e le inquadrature che citano i classici del genere e pure John Ford, con le riprese degli esterni attraverso porte che si aprono su panorami sconfinati. 
 
Sul bel cast, che vede la buona prova della Dunst e del giovane Kodi Smit-McPhee oltre ad un Jesse Plemons che d'aspetto mi ha ricordato tantissimo il compianto Philip Seymour Hoffman, troneggia un travolgente quanto inedito Benedict Cumberbatch, che esplode in un'aggressività e una violenza a cui non ci aveva finora abituati sul grande schermo.
 
Voto: 7,75 su 10.
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