Regia di Jane Campion vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - CONCORSO
La fiducia ed il rispetto sono due fondamentali tasselli per forgiare quello che potrebbe definirsi un perfetto rapporto di collaborazione, di vita, di aiuto reciproco, soprattutto quando la posta in gioco è pesante ed il lavoro che si deve affrontare piuttosto arduo e colmo di incognite. In un ranch del Montana, che due fratelli che più dissimili - fisicamente come caratterialmente - non si potrebbe immaginare, mandano avanti dediti all'allevamento di capi di bestiame, gli equilibri già fragili tra i due si compromettono quando quello più posato e tranquillo decide di sposarsi.
Prenderà in moglie una vedova ancora bella che gestisce una locanda nel primo centro abitato, portandosi con sé lo strano figlio adolescente, filiforme e un molto effeminato, che la donna concepì col marito, alcolista e morto suicida.
La circostanza crea un dissidio che diviene palpabile tra l'altro fratello, rozzo e omofobo, e la nuova famiglia. Ma quando tra il fratello ombroso e scostante ed il giovane figlio di primo letto pare che si possa intravedere una linea di condotta che porti ad una saggia tregua in segno di rispetto e quieto vivere, ecco che in realtà ci si trova di fronte ad una sottile, efferata resa dei conti che porterà a risultati davvero impensabili. Il ritorno, davvero atteso ed apprezzato, di Jane Campion al cinema, avviene con l'adattamento di un romanzo che celebra il confronto serrato e psicologicamente sorprendente tra due personalità che, messe a confronto diretto, risulta troppo ingannevole e prematuro indovinare il ruolo da carnefice e da vittima.
La Campion poi è nel suo territorio preferito quando bisogna esplorare le pulsioni erotiche che nascono da un senso di repulsione che poi si tramuta in attrazione, e quindi in un duello mortale ove solo uno è in grado di spuntarla. La storia, inoltre, si sfaccetta di almeno quattro protagonisti, ognuno ricco di sfumature e di pieghe caratteriali assai dense e ben sviscerate.
Sia aggiunga un controllo scenico magistrale, una ambientazione mozzafiato tra le valli di un Montana candido di vita come di morte, e una location affascinante che nasce dalla terra brulla e desolata e che ricorda la magione "malickiana" de I giorni del cielo, ed ecco che questo incalzante The Power of the dog si trasforma in un western torvo e denso di materia, che spazia dalla brama di potere, all' (omo)erotismo celato e rinnegato, alla deriva alcolica come soluzione per trarre un po' di sollievo da una vita grama e crudele. Ma soprattutto di vendetta, che si consuma con premeditazione e sottile astuzia, che diventa l'unica efficace arma per affrontare un nemico vistosamente più potente e strategicamente più predisposto ad affrontare le sfide.
Ottimo il quartetto che va a formare il cast: Benedict Cumberbatch in odore di Oscar, un Jesse Plemons sempre più erede designato del compianto Philips Seymour Hoffman; una ritrovata, intensa e sofferta Kirsten Dunst, ed il ragazzo-spillo che impersona la vittima designata, reso in modo assai pertinente dal giovane divo dallo sguardo da cerbiatto Kodi Smit-McPhee, già straordinario attore bambino, ora fisicamente lievitato fino ad assumere una snellezza quasi impressionante.
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