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Il potere del cane

Regia di Jane Campion vedi scheda film

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La recensione su Il potere del cane

di leporello
4 stelle

   Sbalestrato, disomogeneo, senza nerbo e inorganico, il film della Campion non racconta quasi nulla né con la trama (è un soggetto non originale, ricordiamolo a maggior colpa della regista), né con la messa in scena dei personaggi, che a fasi alterne si elidono, si eliminano, si escludono, magicamente spariscono e riappaiono senza che venga dato a nessuno di loro un dignitoso minimo di senso o di profilo (povera Dunst! a cosa è servita la tua dolcissima espressività? Perché ti hanno fatto tenere il broncio da mummia alla cena col Governatore?!?). Eccezion fatta per uno stereotipato, onnipresente protagonista trattato con faciloneria e pressapochezza il quale, a sua volta, affidato agli occhi stretti e puntuti di un affaticato Cumberbatch, non riesce nemmeno a suscitare l’antipatia lecitamente dovuta ad un miserabile stronzzzo (l’errore di battitura è voluto...) qual egli è, tanta è la meccanicità disumanizzata del suo muoversi ed agire, una robotizzazione tanto artificiosa quanto per niente artistica.


   Tutti però (puntuto protagonista incluso) risucchiati dal buco nero di un personaggio virtuale, tal “Bronco Henry”, impersonato solo da una sella di cuoio e due speroni, mitologico maestro di vita attorno al quale vorrebbe aggrapparsi la spiegazione di ogni cosa, e che proprio perché virtuale non spiega assolutamente niente. Anzi, annoia, si perde. E fa anche un po’ ridere.

   Un film privo di pathos, freddo e lontano, dove anche la musica, altrettanto fredda e lontana (oddio, dove sono la Campion e Michael Nyman di “Lezioni di Piano?!?) sgancia in modo direi quasi ineducato e brutale lo spettatore dallo schermo, lo rigetta come un tostapane dopo cinque minuti in cambio di un misero toast da consumare in fretta su tutti “red carpet” del mondo, lo distrae con le mucche, i profili delle montagne che abbaiano, i coglioni perduti dei vitelli e non solo, ma non gli dà nessuna sostanza, nessun nutrimento vero, solo aria fritta in mezzo al gelo del panorama del Montana che non ci vuole nulla (basta una buona videocamera) per mettere in scena.


   Forte del codazzo di riconoscimenti festivalieri ad altissimo livello, “Il Potere del Cane” se ne va nel mio personale dimenticatoio, dal quale salverò solo la bella citazione salmodiante del titolo, peraltro anche questa, come ogni altra cosa del film, spiegata male, anzi per niente.

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