Regia di Jean-Marie Straub, Danièle Huillet vedi scheda film
Una delle imprese più rispettose e rigorose della coppia Straub/Huillet, incentrata sull'intreccio di parola (cronaca) fuori campo di Christiane Lang (Anna Magdalena), vita religiosa, familiare e soprattutto compositiva del genio Johann Sebastian Bach, immagine dimostrativa saldamente aderente e insieme trasfigurante nella sua staticità modellata solo dal montaggio.
Venticinque composizioni musicali che fanno da esempio della produzione amplissima di Bach e strutturano il film, intercalate da manoscritti e appunto dal commento di Anna Magdalena, aspetti stilistici e di approccio analitico che torneranno ancora in futuro, come in Una visita al Louvre (2004). Come ogni brano caratterizza ed è caratterizzato dal genere pratico a cui è destinato, così c'è una singola inquadratura ma ogni volta diversa.
Il grande clavicembalista Gustav Leonhardt (assieme ad altri illustrissimi nomi quali Bob van Asperen o Nikolaus Harnoncourt) è calato in questo equilibrato incontro di finzione biografica, documentario e vita reale: i musicisti, con Leonhardt nei panni di Bach, sono contemporaneamente e spiccatamente personaggi storici del passato e sé stessi, dunque anche personaggi storici del presente che verranno a loro volta ricordati in futuro. La ricostruzione filologica di costumi, strumenti e prassi esecutive apprese e interpretate dai trattati antichi non nascondono l'identità, la fisionomia non mima le fattezze, presunte, del personaggio a cui rimanda; la finzione è chiara e la struttura si mostra per porgere allo spettatore la vitalità di una musica perfetta, immortalata in quell'attimo di per sé evanescente e così assoluto. Peccato solo per la sovrapposizione del commento alla musica in certi momenti di raccordo. 8
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