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Amori e ripicche

Regia di Peter Yates vedi scheda film

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La recensione su Amori e ripicche

di degoffro
6 stelle

Commedia romantica fantastica, alla vecchia maniera. Non nel senso dispregiativo del termine però, anzi. Peter Yates è uno di quei solidi artigiani che a Hollywood non ci sono più. Raramente delude ("L'anno della cometa"), spesso sorprende e convince (dai cult "Bullitt" e "Gli amici di Eddie Coyle" a titoli riusciti come "La pietra che scotta", "All American Boys", "Servo di scena", "Suspect"). Nonostante la sua lunga e variegata filmografia sia spesso caratterizzata dai battibecchi sentimentali tra i due protagonisti (si pensi a Barbra Streisand/Michael Sarrazin in "Chi te l'ha fatto fare?", William Hurt/Sigourney Weaver in "Uno scomodo testimone", Cher/Dennis Quaid in "Suspect", Kelly McGillis/Jeff Daniels in "Labirinto mortale" o Penelope Ann Miller/Tim Daly in "L'anno della cometa"), "Amori e ripicche" è soltanto la seconda vera e propria love story diretta dal regista, dopo il delicato ed intimistico "John & Mary" del 1969 con i giovanissimi Dustin Hoffman e Mia Farrow. Mentre quel film privilegiava però l'aspetto malinconico della vicenda, "Amori e ripicche" percorre invece la strada della più classica delle screwball comedy. Dialoghi pungenti, ritmo quasi sempre spedito, equivoci a catena, brillantezza e leggerezza di tocco. Peccato per un eccesso di zucchero, per alcune parentesi inutili (tutta la parte in cui Stevenson è ubriaco) e per certi personaggi secondari del tutto superflui (in particolare quelli interpretati da Sam Shepard e Marcia Gay Harden, ininfluenti ai fini della narrazione). La trama poi è quanto di più prevedibile, ovvio e risaputo si possa immaginare (la sceneggiatura, tratta da un racconto di Andrew S. Karsch, è firmata da Todd Alcott, già autore di "Zeta la formica"), ma Yates la gestisce con garbo, velocità e finezza, regalando un'ora e mezza di intrattenimento, certo telefonato, ma piacevole e disinvolto. Il tutto impreziosito dalla presenza, sempre magnifica ed accattivante, di due vecchie volpi della recitazione come Michael Caine e Maggie Smith, (già insieme nel vivace "California Suite"), capaci, senza fatica, di rubare la scena ai due protagonisti, James Spader e Polly Walker, a dire il vero piuttosto insipidi e scialbi - e per il primo non è una novità, fin dalla sua scoperta in "Sesso, bugie e videotape" di Soderbergh - anche perché la loro vicenda è fin troppo piatta e banale, nei suoi melensi sviluppi (avrebbe potuto essere tagliata qua e là con inevitabile giovamento per il film). I battibecchi e le animate discussioni tra i due anziani, ma in fondo innamorati, fantasmi sono invece il vero sale del film e regalano diverse situazioni sfiziose e simpatiche: "Eravamo i migliori amici e i peggiori nemici!" commenta ad un certo punto Lily. Senza dimenticare alcuni azzeccati personaggi di contorno come Charles Van Allsburg, interpretato da Buck Henry, il mitico sceneggiatore de "Il laureato" e "Comma 22", qui nei panni del proprietario della casa editrice in cui lavora Stevenson ed interessato principalmente al profitto ("Qui noi dobbiamo vendere libri, dico bene?" domanda ironico a Stevenson) in ragione del quale è opportuno pubblicare testi dai titoli inequivocabili come "1001 nomi per il vostro gatto" o "Come combattere la cellulite femminile", anche perché, a suo parere, gli argomenti più popolari per la narrativa in America sono i gatti, il golf ed i nazisti. "Bene, perfetto, perché allora non pubblichiamo " afferma, sarcastico e anche un pò rassegnato Stevenson. Una riflessione gustosa e neanche troppo velata sul progressivo degenerare della qualità della cultura e sulla presunta necessità di doversi adeguare ai gusti sempre più bassi e facili del grande pubblico per poter vendere. E' vero non c'è "né la grazia di Mankiewicz né la fantasia visionaria di Burton" (Segnalazioni cinematografiche), e siamo lontani anche dalla classe inarrivabile di René Clair e del suo "Il fantasma galante". A volere essere ancora più cattivi si potrebbe riprendere una battuta del film, sottolineando che "Amori e ripicche" sceglie anziché "l'adrenalina della novità la noia della comodità!". Eppure rimane una commedia semplice, onesta, fin troppo lineare e tradizionale, ma non disprezzabile, con un'ultima romantica ed affettuosa scena di ballo lasciata giustamente alla coppia Smith/Caine che, in fondo, nonostante il continuo litigare, non hanno dimenticato quanto si amano: "Ci siamo solo distratti un pò!". La fotografia è del maestro delle luci Sven Nykvist, al suo ultimo film. Il titolo originale "Curtain Call" significa "chiamata alla ribalta".
Voto: 6 e mezzo.

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