Regia di Yulene Olaizola vedi scheda film
Venezia 77. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Honduras Britannico. Da qualche parte nella giungla ai confini col Messico.
Jacinto recita nella lingua dei nativi una lunga litania per scongiurare gli effetti della Xtabay, uno spirito maligno delle foreste che sottomette gli uomini della sua spedizione.
Narra la leggenda maya di due donne profondamente diverse. Xkeban, amava gli uomini e giaceva con loro. Vilipesa dalla popolazione aiutava i malati, i poveri e i viandanti. Utz-Colel era bella e virtuosa. Apprezzata da tutti era, a contrario, fredda ed egoista con coloro che considerava socialmente inferiori. Alla morte di Xkeban il suo corpo emanò un forte profumo e una volta sepolta, dagli stessi poveri ed infermi che aveva accudito, sulla tomba della donna spuntarono fiori candidi e profumati. Utz-Colel fu sopraffatta dall'invidia e quando morì fu trovata grazie all'odore di carne putrida che le sue viscere emanavano. Sepolta dal villaggio che ne apprezzava la purezza virginale, fu cosparsa di fiori che appassirono nella notte. Xkeban si trasformò in un fiore incantevole e profumato. Utz-Colel divenne l'escrescenza puzzolente di un cactus spinoso. Lo spirito di Utz-Colel ricevette dagli spiriti del male la facoltà di ritornare donna ogni volta che desiderasse e di sostituire Xkeban imitandone il comportamento. Fu così che iniziò a concedersi agli uomini ma il suo non era amore così lo spirito dannato della donna, diventata Xtabay, finì per annientare gli uomini sedotti, incapace di imitare il sentimento profondo di Xkeban. Jacinto prega di non udire la voce della Xtabay mentre nella "Selva tragica" un gruppo di messicani medita di tradire il padrone e scappare con il carico di gomma rubato agli inglesi insieme a quello estratto dall'Hevea brasiliensis con molta fatica, incisione dopo incisione.
L'avidità di quel gruppo di uomini sembra essere cresciuta da quando il gruppo capeggiato da Ausencio trova nella foresta una donna in stato di incoscienza. Si chiama Agnes e veste gli abiti bianchi di un'infermiera. È scappata insieme ad un'altra donna, la procace e suadente Florence, da un matrimonio combinato e dagli inglesi che cercano di riportare indietro le fuggitive di loro proprietà. Florence cade vittima dei suoi aguzzini che credono di aver ucciso anche la compagna. Ma quest'ultima il giorno seguente si risveglia, si infila gli abiti di Florence e vaga per la foresta finché il giovane Lazaro la trova e la porta nel campo. Sul cadavere di Flo, nel frattempo, iniziano a spuntare delicati fiori bianchi...
Yulene Olaizola sembra sia la regista del "grande rifiuto" che tanto ha fatto arrabbiare Monsieur Frémaux. Il suo film, prodotto con i soldini del Festival di Cannes avrebbe dovuto esibire il bollino con la palma ed invece è finito a Venezia per ricevere altra vergatura.
Tratto dalla leggenda maya il film racconta della cupidigia dell'uomo secondo una tradizione mistica che abbraccia le credenze indigene alla morale cattolica del peccato e della virtù benché i maya abbiano ribaltato la questione assegnando alla sessualità un significato difforme da quello attribuito dalla Chiesa Cristiana. Di cristiano rimane il rimando al passo evangelico del buon samaritano che sporca le vesti per soccorrere un viandante picchiato dai ladroni. Olaizola mette a nudo la lussuria e l'avidità dell'umanità in questo lavoro teso e ipnotico quanto un thriller psicologico. Cadono a ad una ad una le teste di chi ha fatto l'amore con la "donna", di chi l'ha intrattenuta come il mite Hilario, di chi l'ha desiderata o posseduta come Faisan. Persino chi è stato curato viene portato dallo spirito nelle profonde acque del fiume. "Beati i puri di cuore" dice il Vangelo di Matteo. Nella semplicità e nella trasparenza delle proprie azioni vi è l'unico antidoto al sortilegio dello spirito malvagio di Xtabay che trasforma le rigogliose acque e le verdi fronde di un paradiso lussureggiante in un inferno di disperazione. Ma forse Xtabay non è solo una donna malvagia tornata dall'aldilà bensì un monito all'umanità che pensa di depredare madre natura prendendosi l'eccesso. Xtabay è la foresta offesa dall'uomo che taglia, disbosca, sporca le acque, affonda mezzi meccanici nel suolo per estrarre ricchezze. Un giorno la foresta presenterà il conto, nascondendo sotto le vesti rassicuranti di una prospera vitalità, quell'atto di ribellione che distruggerà l'uomo e la sua effimera sete di ricchezza.
Olaizola gira un film affascinante che nel suo messaggio arriva dritto al cuore benché l'ignoranza del mito indigeno renda più complessa la lettura della vicenda. Simbolicamente, invece, il racconto è trasparente come il fiume che accompagna Ruben nell'aldilà o il potere rigenerante degli insetti e degli animali saprofagi che mescolando la terra al sangue impastano le nuove forme di una fertilità incorruttibile.
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