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Genus, Pan

Regia di Lav Diaz vedi scheda film

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La recensione su Genus, Pan

di alan smithee
7 stelle

locandina

Genus, Pan (2020): locandina

VENEZIA 77 - ORIZZONTI - PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIOR REGIA

Un ragazzo di nome Andres ha finito il suo periodo di lavoro precario in miniera, e si appresta a tornare al suo "barrio" d'origine, incamminandosi lungo la foresta assieme a due compaesani, suoi superiori, di ritorno a casa pure loro.

Uno, fidato al punto da amministrare e custodire al giovane i soldi della paga, l'altro un cattolico osservante ligio e scrupoloso.

Nel viaggio, lungo, tortuoso, immersi in una selva fitta ed inospitale, i tre si fanno coraggio raccontandosi storie e situazioni personali del passato, ma la potenza evocativa di quella natura incontaminata, e la solitudine incalzante che coglie impreparati i tre pellegrini, porta i tre uomini a soffrire di incubi, allucinazioni, che instillano in ognuno paure e timori in grado di destabilizzarli, fino a far affiorare in loro, generalmente persone mansuete e timorate di regole e disciplina, quell'istinto animale che ancora vive nell'animo umano, erede e discendente della scimmia, in grado di lasciarsi vincere da istinti che intelligenza, raziocinio e progresso civico-sociale, avrebbero ormai dovuto far scomparire.

DMs Boongaling, Nanding Josef, Bart Guingona

Genus, Pan (2020): DMs Boongaling, Nanding Josef, Bart Guingona

scena

Genus, Pan (2020): scena

 

Si arriva a subire visioni sciagurate come quella della visione inganneve di un fatidico cavallo nero, chiaro esempio di disgrazie in arrivo, che infatti non tardano a verificarsi. Il ritorno il laguna del gran regista filippino Lav Diaz, a pochi anni dal Leone d'Oro assegnatogli, e ora nuovamente premiato, questa volta nella sezione Orizzonti, col premio alla miglior regia, riflette sulla natura ferina e incontrollata dell'uomo, che da sempre sa trasformarsi nella belva più pericolosa del regno animale, armata di mezzi e strumenti letali in grado di porre fine ad un nemico che egli stesso si è costruito con le sue mani, ad uso e consumo del suo ego deviato, con la supponenza e il desiderio di prevaricazione che da sempre lo animano e muovono.

scena

Genus, Pan (2020): scena

scena

Genus, Pan (2020): scena

 

Nel solito magnifico, sontuoso bianco e nero che esalta i dettagli di una foresta fitta di vegetazione e di un verde che ci è consentito solo di immaginare evtradurre nelle molteplici varianti di grigio offerte dalla splendida, accurata fotografia - foresta che diviene la vera protagonista ed incubatrice di violenza della storia - Diaz ci narra un deragliamento senza freni che porta un mansueto innocente giovane ingenuo e sin timido e ritroso, a trasformarsi in una belva assassina.

I tempi di narrazione stavolta appaiono fin concitati rispetto a quanto prodotto in precedenza, ma il film, nello suo svolgimento scientemente elementare, soffre un pò della mancanza di quelle interminabili, affascinanti inquadrature di riflessione che, sin dagli esordi , sono il vero punto di forza di un grande autore come Lav Diaz.

Resta intatto, tuttavia, o al limite appena scalfito, il fascino della costruzione scenografica di molte scene, specie ad inizio film, ove i dialoghi, stavolta sin concitati, sono perennemente interrotti dai canti molesti di galli e pollame che accompagna inesorabilmente i tre uomini, e i loro conoscenti, vittime rassegnate ed omertose di un atto di violenza che genera altra violenza, alimentata da rancore e da brama di vendetta che la specie umana coltiva ben più accuratamente di qualsiasi altra concorrente belva in natura.

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