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The Wasteland

Regia di Ahmad Bahrami vedi scheda film

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La recensione su The Wasteland

di EightAndHalf
5 stelle

Nella categoria Orizzonti di Venezia 77 è stato presentato un film iraniano intitolato The Wasteland, ambientato al confine fra Iran e Azerbagian, in vicinanza della regione curda. Una fabbrica di mattoni sta per chiudere, e assistiamo agli ultimi giorni di funzionamento della stessa. Il film procede, almeno nella prima parte, per movimenti ciclici e narrativa altrettanto ciclica, non concedendo tregua al reiterarsi di alcuni eventi che illuminano sui reali rapporti che intercorrono fra i vari personaggi. La verità che viene lentamente fuori getta l’umanità di The Wasteland in una cosmica disperazione da cui sembrano non poter venir meno neanche gli animali, i luoghi e i colori: il bianco e nero del regista Bahrani è un bianco e nero di matrice estremamente tarriana (Béla Tarr), così come l’ostinazione nel far percorrere i campi lunghi e lunghissimi ai suoi personaggi a piedi ricorda le più felici conclusioni del cinema di Abbas Kiarostami. Sia come sia, qualsiasi siano i registi citati nel film, The Wasteland non riesce a contenersi nella ricerca smodata di eleganza, posa e artifizio fotogenico, che mal si addicono alle disperazioni che racconta. Anzi, spesso certe reiterazioni lasciano intendere troppo velocemente e troppo facilmente tutte le loro implicazioni umane, e finiscono per ripetersi più per il bene di un progetto tecnico che non per la sana rappresentazione di un’umanità derelitta. A questo punto il paragone con Béla Tarr è ficcante: non c’è un secondo di Béla Tarr che appaia gratuito, nonostante le durate dei suoi film. Non si può dire lo stesso per l’ultima mezz’ora di The Wasteland, che dilata e slabbra le stesse inquadrature come in un interesse totalmente esibizionistico di sfruttare tutte le possibili prospettive della suggestiva ambientazione. È un vero peccato che il film sfoggi tale supponenza e tale ingenuo entusiasmo – a fronte di un cinema iraniano che tributa e che invece faceva dell’essenziale la sua arma preferita – perché certi movimenti di camera, trascinati lentamente su muri, strade e tempeste di sabbia, sembrano letteralmente trascinati dal terribile onnipresente vento che a poco a poco scaccia via l’intera presenza umana dall’immagine.

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