Regia di Ahmad Bahrami vedi scheda film
VENEZIA 77 - ORIZZONTI La fine è ormai alle porte. In una terra desolata, quella del titolo, il caposquadra di una piccola ditta artigianale di mattoni, il quarantenne Latfollah, uomo-vecchio che pare dimostrare quasi il doppio della sua età anagrafica, consumato come si ritrova dal logorio del lavoro in cava che lo ha visto coinvolto sin da ragazzino, richiama tutti i pochi dipendenti rimasti e le relative famiglie per comunicar loro ciò che da tempo essi temevano, e che si auguravano potesse essere sempre rinviato ad un futuro incerto ma pur sempre procrastinabile.
La concorrenza rappresentata dalle nuove materie prime in campo edile, la crescita del prezzo del petrolio, e altre ragioni legate ai mutati processi economico-produttivi, hanno reso antieconomico fabbricare i tradizionali mattoni di terracotta, e il proprietario sta cogliendo al balzo l'ultima offerta che gli consentirà di guadagnare qualche spicciolo, cedendo quel che resta di quel deserto consumato e pieno di buche che da decenni caratterizza la propria azienda.
Inutile rivendicare ingiustizie subite, far tornare a galla vecchi rancori tra colleghi operai, storie di gelosie e matrimoni non andati a buon fine. Il capo degli operai, nato e vissuto in quella desolata realtà, si preoccupa di comunicare al suo capo i crediti vantati da ogni operaio, in modo che costoro possano essere almeno liquidati dignitosamente.
E mentre il discorso che ciascun lavoratore temeva di ascoltare ormai da mesi, viene ripreso dalla regia implacabile con la ripetizione sorda di una litania religiosa inesorabile, gli operai si preparano a raccogliere i loro quattro stracci dalle casupole che li hanno accolti accanto alla cava, per partire ognuno verso il proprio destino tutt'altro che promettente.
Ognuno cercherà di improvvisarsi un futuro meno gramo possibile: tutti tranne il buon Latfollah, che ha già chiaro e segnato il suo inesorabile, drammatico finale, indissolubilmente legato a quel luogo dimenticato da Dio, che diviene per l'uomo l'unico teatro possibile in grado di accoglierlo.
"Ho girato in bianco e nero perché è un regalo che in natura non abbiamo e che ci fa il cinema in via esclusiva".
Queste le parole del gran regista iraniano Ahmad Bahrani, che, alla sua opera seconda, realizza un film stupendo per tematiche e stile di ripresa.
"Sono stato allievo di Kiarostami.Mi piacciono le scene lunghe e mi considero un allievo ideale di Bela Tarr, amando in modo particolare la sua tecnica di regia". Caratteristiche evidenti, quasi palesi che Baharani non ricopia pedissequamente, bensì adatta e ripropone, attraverso riprese lunghe, tagli che spaziano lateralmente come ci ha fatto amare Kiarostami, e una musica solenne ed incalzante che ricorda i momenti fondamentali del cinema di Tarr. The Westland, film senza tempo ove la figura dolente e succube, ritrosa ma tutt'altro che secondaria della donna, assume un valore simbolico e storico tipico del ruolo femminile nella società locale, è un'opera impegnativa ma affascinante, magnetica e potente per il travaglio palpabile che riesce ad evocare, rappresentare, rendere palpabile assieme alla disperazione che si porta appresso.
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