Regia di Frederick Wiseman vedi scheda film
Nonostante più di 40 film, non troppi titoli di Frederick Wiseman possono essere definiti cosmici. Molti certamente dànno un quadro a 360 gradi dell’istituzione protagonista, ma è anche capitato che il regista di Boston decidesse di dare un quadro ancora più inclusivo ed esteso di un microcosmo più ampio: è il caso di Canal Zone ambientato nel distretto statunitense sul canale di Panama nel ‘77, è il caso di Belfast Maine come anche di Monrovia Indiana, ma è a sorpresa anche il caso di City Hall. Perché non era scontato che Wiseman fuoriuscisse dalle quattro mura del municipio di Boston, ma decide di farlo ad almeno un’ora dall’inizio del film per aggirarsi un po’ per le strade e i quartieri della sua Boston. Per quanto contemplativo, City Hall non è contemplativo quanto Belfast o Monrovia, la camera di John Davey non punta per la maggior parte del tempo su ambienti, strade e paesaggi: in City Hall, i protagonisti continuano ad essere gli esseri umani, come lo erano stati negli ultimi film almeno da At Berkeley in poi. È un’urgenza che Wiseman avverte in quanto modalità efficace per una comprensione migliore del mondo e delle sue sfaccettature più complesse, all’infuori del “meccanismo” di Meat o dell’entomologia di Zoo. È così che City Hall diventa una combinazione perfetta di Belfast Maine certo ma anche della multietnicità di In Jackson Heights. Ma anche, ovviamente, di tante altre cose: c’è la polizia di Law and Order, c’è lo stadio di The Garden, ci sono i militari di tanti altri suoi film e ci sono le disabilità della sua mitica quadrilogia dell’86. Ed è tutto a Boston, un luogo che Wiseman conosce e che quindi dà l’idea, solo solo per come si passa da un luogo all’altro, di non essere esplorata inquadratura dopo inquadratura, ma di essere ripercorsa, esattamente com’è tutto il cinema di FW ad essere ripercorso.
Infine la cosa più straordinaria di City Hall è certamente che è il primo film di Wiseman ad avere un protagonista: Marty Welsh, sindaco fino al 2019 e onnipresente in tutti i luoghi del film per mediare, intervenire e illustrare tutti i buoni propositi di una città che ha tutto l’interesse di evolvere e innovarsi. Con la stessa fiducia nell’essere umano che innerva il cinema di Wiseman almeno fin da Deaf (da Deaf l’America della guerra fredda cede il passo a un’America in cui il progressismo liberale non è solo ideologico), City Hall finisce per essere il placido compimento della civiltà occidentale contemporanea, con le sue contraddizioni, le sue speranze e i suoi rituali (quasi tribali, tantissime nel film le performance “urbane” di parate, manifestazioni e festeggiamenti). Una sintesi dell’essere umano civico oggi che non troverete da nessun’altra parte.
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