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Sportin' Life

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Sportin' Life

di EightAndHalf
6 stelle

Abel Ferrara aveva bisogno di un documentario su se stesso, perché sono almeno 5 anni che i festival selezionano i suoi film che o sono documentari su altro o sono finzione su se stesso e sembravano spasmi di un’anima in pena, non erano neanche più Cinema. Invece con Sportin Life, “documentario sull’atto di fare documentari” dice scherzosamente Ferrara, il confine fra diegetico ed extradiegetico è definitivamente slabbrato e il risultato ha un’efficacia imprevista, cristallina ed estremamente energica. Montato alla maniera di una suite rock anni 70, con spezzoni dei suoi film ed estratti dai tg ai tempi del Coronavirus, è un film con tutte le usuali ossessioni del suo regista, declinate nella loro forma più concreta dopo l’astrazione opposta di Siberia, ma messe nella condizione di comunicare e di non parlarsi addosso: ecco quindi che Willem Dafoe è se stesso, lui è se stesso, e moglie e figlia possono essere se stesse in tenerissimi video amatoriali ripresi col cellulare. A stupire del film è la cadenza pur nel caos: c’è di tutto e in realtà c’è solo l’essenziale, l’amore per la musica, l’incertezza, la dipendenza, ed è tutto compattato in un’orchestrazione amatoriale, sì, inevitabilmente autoreferenziale, ma genuina come non succedeva da Pasolini, e soprattutto con una libertà e una gioia inedita per Ferrara.

Nota speciale per il monologo preso da The Addiction contrappuntato dal controcampo di un Padre Pio sconvolto: è una delle cose più belle, moderne, spiritose e perfette di Venezia 77.

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Ultimi commenti

  1. maurri 63
    di maurri 63

    Una sequenza, una sola, può salvare un film. Ma salvare un'opera non è renderla grande. La "divisione da St. John" ha messo Abel Ferrara in ginocchio, inutile nascondersi. La grandezza del "Martin Scorsese sporco" (ritengo sia la definizione più giusta) si è quindi persa in riconoscimenti non sempre assennati - un premio gliel'ho consegnato pure io, meno di una decina d'anni fa. Perciò, senza tergiversare, diciamo che il suo percorso creativo si ferma con "Mary", capolavoro della maturità piena. Il resto, ed è un peccato, solo una dispersione di scampoli di talento.

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