Regia di Jess Frank (Jesus Franco) vedi scheda film
A mio avviso, si tratta del masterpiece dell’iperproduttivo e non sempre qualitativo Jess Franco. Prodotto in Italia nel lontano 1969 e vietato ai minori di 18 anni (non che ci siano scene troppo hot, ma come nella tradizione del regista spagnolo c’è qualche nudo non volgare), si tratta di una pellicola ispirata da un celebre romanzo del marchese De Sade. Catalogato spesso come film erotico, “Justine ovvero le disavventure della virtù” è un film in costume dall’atmosfera gotica che fa del pessimismo e dell’amarezza il suo punto di forza. Molti gli sprazzi filosofici, con monologhi o dialoghi di grande effetto probabilmente estrapolati dal romanzo di De Sade. Il soggetto è ottimo e ruota attorno alle vicende di due sorelle che, rimaste orfane, decidono di percorrere due strade opposte. La maggiore (Maria Rohm) è malvagia e scaltra, la minore (Romina Power) è virtuosa e ingenua. Ebbene, mentre la prima si macchierà delle più bieche perversioni e dei più subdoli reati, ottenendo però solo del bene, la seconda, rispettosa e votata alla religione, andrà incontro alle più atroci sofferenze. L’epilogo è di una tristezza unica e vede il trionfo del male (anche se Franco non ha voluto infierire, come invece, a mio avviso, avrebbe dovuto fare, proponendo una sorta di compromesso con la redenzione della sorella cattiva). La regia è discreta anche se il “nostro”, ogni tanto (vedi, a esempio, i primissimi minuti), si fa prendere troppo dallo zoom e sciorina un’interminabile (e stucchevole) sequela di zoomate e contro zoomate. Presente qualche scena sadomaso (soprattutto se la si considera vista l’epoca del film) dall’atmosfera horror (vedi i fulmini che fungono da preluido del crollo della grotta in cui la Power viene torturata dal santone di una specie di confraternita), ma, vista la penna che sta dietro al romanzo, non si sconfina rispetto a quanto sarebbe lecito attendersi (e ciò è un bene). Al di là di tali riflessioni, devo sottolineare che la cura del film è molto scrupolosa. Franco, a differenza del suo consueto, non gira in fretta e furia, ma cura i costumi, le scenografie e la fotografia. A proposito della fotografia, devo dire che è portentosa e ben studiata a tavolino (particolare l’uso delle luci fucsia) come lo è la colonna sonora di Bruno Nicolai. Le buone notizie non si limitano al cast tecnico, perché anche il cast degli attori è di livello e laddove potrebbe sembrare carente riesce comunque a destare un’ottima impressione. Nel ruolo di protagonista troviamo una dolce Romina Power la quale, seppure in perenne lite col regista che se l’è vista imporre dalla produzione (e ora va dire in giro che la Power era una stupida), riesce a convincere e offre un’interpretazione più che apprezzabile. Memorabile l’indementicabile Jack Palance, che si scatena e regala una di quelle prove sopra le righe come solo lui e Jack Nicholson sapevano fare. Bene tutti gli altri, tra i quali un Klaus Kinski che recita per tutto il film all’interno di una cella (il suo è poco più che un cammeo), la bella Maria Rohm e molti volti noti (tra i quali Rosalba Neri, Sylva Koscina) conosciuti dagli amanti di b-movie. Nel complesso un’opera riuscita bene sotto tutti i punti di vista e che può avere come difetto una certa prolissità in alcune scene (vedi qualche balletto che dura un po’ troppo) e qualche sbavatura di regia per eccessivo zelo di Franco. Interessante e non banale. Voto: 7.5
Qualche scelta registica un po' stucchevole, ma nel complesso bene.
Molto meglio di quanto mi aspettassi.
Straordinario.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta