Trama
L'esercito serbo ha occupato Srebrenica. Aida, un'insegnante di inglese di mezza età con il marito e i due figli oramai grandi, cerca rifugio e protezione in una base ONU. Lavorando come traduttrice per le Nazioni Unite, Aida si sente al sicuro. Tuttavia, l'apparato di protezione ed empatia intorno a lei inizia pian piano a crollare: Aida dovrà allora pensare a come salvare la sua famiglia.
Approfondimento
QUO VADIS, AIDA?: IL MASSACRO DI SREBRENICA
Diretto e sceneggiato da Jasmila Zbanic, Quo vadis, Aida? si basa su eventi realmente accaduti e racconta la storia di Aida, un'insegnante e traduttrice d'inglese di mezza età che nella Bosnia del 1995 si rifugia con il marito, i due figli e altri 30 mila rifugiati, in una base militare delle Nazioni Unite gestita da forze di pace olandesi. Mentre l'esercito serbo invade la sua città e hanno inizio una serie di retate fatali, un ultimatum delle Nazioni Unite viene ignorato dalle forze d'invasione che bombardano incessantemente i civili. La protezione garantita dalle Nazioni Unite viene pian piano meno e la situazione si aggrava con l'arrivo del comandante dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, Ratko Mladic (che negli anni a venire sarebbe stato condannato come criminale di guerra per le sue gesta durante la guerra nell'ex Jugoslavia). Con le forze di pace azzerate e i rifugiati abbandonati come agnelli al macello, Aida si affretta a salvare la sua famiglia all'interno della cosiddetta zona sicura.
Con la direzione della fotografia di Christine A. Maier, le scenografie di Hannes Salat, i costumi di Malgorzata Karpiuk ed Ellen Lens, e le musiche di Antoni Lazarkiewicz, Quo vadis, Aida? ha al centro una storia di coraggio e resilienza contro la mostruosità di cui è capace l'uomo. Mentre si assiste alle lotte della protagonista per salvare la sua famiglia, Quo vadis, Aida? avanza come un incubo a occhi aperti nei corridoi più bui dell'animo umano, chiamato ad aggrapparsi a tutte le sue forze per sopravvivere al conflitto e ai ricordi a esso connessi. Ha spiegato la regista in occasione della partecipazione in concorso al Festival di Venezia 2020: "Quo vadis, Aida? si basa su quanto accaduto nella città bosniaca di Srebrenica, al centro della sistematica uccisione di circa 8 mila abitanti alla fine del conflitto nel 1995. Ciò che è avvenuto rappresenta un trauma per tutta la Bosnia: durante la guerra, una zona della città fu dichiarata sicura dalle Nazioni Unite ma nel luglio del 1995 ciò non è servito a salvare la vita dei civili uccisi. Il mio film parla di una donna alle prese con un gioco di guerra tra uomini. Parla di coraggio, amore e resilienza – e anche di quanto può accadere se non riusciamo a reagire tempestivamente ai primi segnali di pericolo. Sono una sopravvissuta della guerra in Bosnia. Un giorno hai tutto, il giorno dopo la maggior parte delle cose che conoscevi non esiste più. Solo perché riteniamo che alcune cose siano inimmaginabili, non significa che non possano accadere".
"Ho attinto molto dalla realtà - ha proseguito la Zbanic - ma ho anche lavorato di fantasia, raccontando però fatti, circostanze e figure verosimili. Molti spunti vengono dal libro Under the UN Flag, Sotto la bandiera delle Nazioni Unite, scritto da Hasan Nuhanovic. Ho scelto di farne un lungometraggio di fiction e non un documentario perché volevo dare risalto al dramma di una donna e ai suoi sentimenti. Volevo che il pubblico fosse chiamato in causa e si ponesse molte domande. Anche se le istituzioni e i governi ci deludono, abbiamo ancora la libertà di provare sentimenti per gli altri e di poterli aiutare. Purtroppo, viviamo in una società in cui a far da guida in tutti i settori è l'egoismo, un atteggiamento che sta guidando la Terra e l'essere umano verso il disastro più totale. Cosa accadrebbe se invece mettessimo in atto altruismo e solidarietà?".
Curiosità
Tre domande alla regista Jasmila Zbanic
1. Da dove nasce l'idea del film?
La sistematica uccisione di circa 8 mila abitanti della città bosniaca di Srebrenica alla fine del conflitto nel 1995 rappresenta un trauma per tutta la Bosnia. Durante la guerra, una zona della città fu dichiarata sicura dalle Nazioni Unite ma nel luglio del 1995 ciò non è servito a salvare la vita dei civili uccisi. Srebrenica è a circa 40 minuti di volo da Vienna e a meno di due ore da Berlino: fa paura pensare che tale genocidio è avvenuto davanti agli occhi degli Europei dopo che gli stessi, negli anni passati, hanno ripetuto milioni di volte "Mai più". Sono una sopravvissuta della guerra e ho sempre desiderato che qualcuno raccontasse con un film ciò che è realmente avvenuto. Non pensavo mai che tale compito toccasse a me. La storia di Srebrenica mi ha ossessionato per molto tempo, ho letto tutto ciò che potevo leggere e dopo quattro film ho sentito che era arrivato il momento di raccontarla, a dispetto di tutti gli ostacoli che avrei potuto incontrare.
2. Che tipo di ostacoli?
La Bosnia produce un solo film all'anno e i fondi statali sono ridotti all'osso. Ho ricevuto solo il 5% dei fondi di cui necessitavo per il film. L'industria cinematografica, dopo il disfacimento della Jugoslavia, è ridotta al minimo, non esistono più relazioni con altri Paesi e girare un film è come attraversare il deserto. Quindi, è complicato realizzare un film come quello che avevo in mente io. Da un punto di vista della storia, invece, occorre ricordare come Srebrenica sia rimasta nella parte gestita dai serbi bosniaci. Il governo di destra nega ancora il genocidio e celebra i criminali di guerra. Fortunatamente, al di là della politica contraria, ho trovato il sostegno di produttori che hanno creduto nel progetto sia bosniaci sia appartenenti ad altri nove differenti Paesi europei. Ci hanno creduto perché non parla solo di Bosnia o Balcani ma degli esseri umani in generale.
3. Chi è Aida, la sua protagonista?
Aida è una donna divisa tra due differenti mondi: è bosniaca, la sua famiglia è nelle stesse condizioni di altri 30 mila residenti di Srebrenica, ma lavora per le Nazioni Unite. Ciò rende la sua posizione molto ambigua. Ada crede nelle Nazioni Unite, è convinta che la sede rappresenti un posto sicuro per la sua famiglia e di avere certi privilegi. Il film ripercorre ciò che succede quando il suo mondo cade a pezzi ed è costretta a cambiare la sua visione delle cose.
Il cast
A dirigere Quo vadis, Aida? è Jasmila Zbanic, regista e sceneggiatrice bosniaca. Nata a Sarajevo nel 1974, si è diplomata all'Accademia di Arte Drammatica della città e, prima di dedicarsi alla regia, ha lavorato come burattinaia in un teatro di Vermont e come clown per un seminario della regista Lee Delong. Il… Vedi tutto
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Commenti (14) vedi tutti
Per stupire razionalmente attraverso la più irrazionale delle atrocità. Imperdibile per capire qualcosa in più di ciò che l'uomo non dovrebbe riuscire a concepire.
commento di pippusLa via di mezzo tra film e documentario rende troppo poco spettacolare – nel senso letterale del termine – un’opera che paga il prezzo di somigliare per molti versi a capolavori come Schindler's List. La ricostruzione è interessante ma il cinema è anche intrattenimento e qui ce n’è troppo poco. Nessun approfondimento dei personaggi principali.
commento di gerkotaHo durato - a fatica - fino alla proclamazione della vincitice della miglior acconciatura
commento di kahlzerIn un momento di guerra come quello che viviamo...questo diventa un film fondamentale.Da non perdere.
commento di ezioCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
commento di gruvierazCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
commento di gruvierazCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
commento di gruvierazCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
commento di gruvierazCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
commento di gruvierazCambiano le date ma le atrocità delle guerre si ripetono.
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commento di gruvierazJasmila Zbanic porta su schermo quello che storicamente è noto come il genocidio di Srebrenica, mischiando la sostanza reale dei fatti accaduti con inserti di fantasia. Lo scopo ottenuto è stato quello di tratteggiare il carattere di una donna stretta tra l'orrore incarnato da Mladic e la colpevole passività dei caschi blu. Per non dimenticare.
commento di Peppe ComuneVisione utilissima per me, che all'epoca dei fatti ero un giovane spensierato (sono esattamente coetaneo della regista...), con la sola sfacciata fortuna di vivere sulla sponda giusta dell'Adriatico, dove continuavamo a vivere la nostra vita pur sentendo ogni tanto parlare di "pulizia etnica" oppure del "massacro di Srebrenica". Voto: 7
leggi la recensione completa di andenkoIn un paio di scarpe sportive che all'inizio del film un fratello aveva chiesto in prestito all'altro è racchiusa tutta la mostruosità dell'orrore che gli uomini sono purtroppo capaci di infliggere ai loro simili.
leggi la recensione completa di port cros