Regia di Kornél Mundruczó vedi scheda film
Il regista Kornél Mundruczó non si fa certo notare per virtuosismo, ma - partendo da un soggetto di Kata Wéber - riesce a firmare un film travolgente, facendo della sua protagonista la scheggia impazzita di un mondo terribilmente conformista e predatorio, dove ciascuno mette al primo posto i propri bisogni.
La prima mezz'ora, coraggiosissima, è la storia di un parto che finisce male. Marta (Kirby) non sopporta le doglie, vuole a tutti i costi partorire a casa ma l'ostetrica che avrebbe dovuto assisterla non può venire. Sicché al posto di quest'ultima ne viene un'altra (Snook), alla quale, tuttavia, la situazione sfugge suo malgrado di mano e la presenza del compagno di Marta (LaBeouf) non la aiuta. La restante ora e mezza di film è una discesa nel marasma interiore della protagonista (strepitosa, insignita a Venezia con la Coppa Volpi), tra allontanamento dal compagno fedifrago (uno Shia LaBeouf quasi irriconoscibile), le pressioni di una madre matrigna ultrabenestante (Burstyn) che dalla tragedia vorrebbe ricavare denaro portando l'ostetrica in tribunale, e i commenti inopportuni di amici, parenti e conoscenti.
Il regista Kornél Mundruczó (suo l'irrisolto White God - Sinfonia per Hagen) non si fa certo notare per virtuosismo (anche se il lunghissimo pianosequenza iniziale è a dir poco impegnativo), ma - partendo da un soggetto di Kata Wéber - riesce a firmare un film travolgente, facendo della sua protagonista la scheggia impazzita di un mondo terribilmente conformista e predatorio, dove ciascuno mette al primo posto i propri bisogni.
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