Regia di Amos Gitai vedi scheda film
VENEZIA 77 - CONCORSO
In una notte come tante ad Haifa, nella zona del porto il bel tenebroso Gil subisce un agguato (filmato secondo una dinamica d'azione invero assai grottesca e surreale, sulla quale tuttavia siamo disposti a sorvolare) cui gli rubano l'auto.
Malmenato e confuso, si rifugia in un noto bar di amici, ove una ragazza che gli piace, di nome Laila, ha organizzato una mostra di un fotografo di guerra israeliano.
Consolato dalla bella gallerista, l'uomo avrà modo di incrociare tutta una serie di personaggi variegati, ognuno alla ricerca di una propria meta od obiettivo di vita, ed archetipo di una curiosità di vita che accetta le differenze ed i bivi, sapendocisi confrontare con pacato spirito di osservazione e piena attitudine all'apertura di spirito.
Personaggi pieni di vita, ma anche di passioni che spingono ognuno a divenire paladino di un proprio progetto di vita preciso e determinato, che rischia di isolarli e renderli bersaglio di nemici, e che trovano, nel locale che li ospita, un rifugio di tolleranza e coerenza in grado di andar oltre le convenzioni e le convenienze sociali, in un territorio storicamente, culturalmente e ancor più religiosamente diviso da abissi troppo spesso incolmabili e non conciabili tra loro.
Nel suo doppio significato, in entrambi i casi appropriato (Laila infatti, oltre al nome di una dei protagonisti, significa pure "notte", in coerenza al momento definito in cui si svolge la storia corale, circoscritta ad una serata), il nuovo film di Amos Gitai, regista che già dalle sue origini multietniche platealmente disparate contrastanti (padre ebreo tedesco fuggito dal nazismo e madre russa rifugiata in Palestina) e paladino di una multiculturalità più aperta e ragionata, coglie l'occasione più azzeccata per scovare od inventarsi un locale in grado di fondere intrattenimento e cultura, per completarsi fino ad ergersi a garante dei diritti e delle differenze culturali ed etniche del suo versatile ed assai variegato popolo di frequentatori.
Peccato che, pur su queste lodevoli premesse, il noto regista non sappia che cucire addosso ai suoi ospiti/protagonisti, già di loro assai stereotipati, teorici e banalmente carattetizzati, una serie di dialoghi che risultano una imbarazzante via di mezzo tra la frase fatta tipo "bacio perugina" ed il luogo comune più scontato e banale.
Arrivando presto ad infastidire e tediare con un buonismo reiterato fino all'assurdo, ed un qualunquismo puerile e sterile che serve solo a popolare la storia di personaggi teorici e monocordi, ognuno impegnato a recitare scolasticamente la sua bella frase ad effetto, per lasciare spazio al successivo.
Davvero una cocente delusione.
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