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In Between Dying

Regia di Hilal Baydarov vedi scheda film

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La recensione su In Between Dying

di alan smithee
8 stelle

locandina

In Between Dying (2020): locandina

VENEZIA 77 - CONCORSO

Davud è un ragazzo irrequieto ed irrisolto, sempre in contrasto con una madre remissiva e malata che lo stressa e lo spinge a trascorrere più tempo possibile fuori casa.

Un giorno in cui il giovane deve incontrarsi con un boss presso un cimitero per regolare chissà quale losco affare in cui si è invischiato, da una sua reazione fuori luogo, finisce per scapparci il morto e Davud, inseguito da tre un pò goffi scagnozzi del boss, inizia a fuggire, avviandosi verso un percorso espiativo che, in ogni tappa, sarà caratterizzato da ulteriori morti, a cui corrisponderanno nuovo stimoli per andare avanti nella sua fuga di formazione.

scena

In Between Dying (2020): scena

Orkhan Iskandarli

In Between Dying (2020): Orkhan Iskandarli

 

Fino a ritrovarsi nuovamente a casa, all'inizio del suo viaggio, riscoprendosi tuttavia nelle mutate vesti di uomo nuovo, più maturo e consapevole di sé. Sceneggiatore e regista trentatreenne assai attivo soprattutto in opere a carattere documentaristico, allievo di Bela Tarr e lodato nella sua opera fino ad oggi concepita da grossi calibri del settore come Carlos Reygadas, Hilal Baydarov ci sorprende conducendoci lungo un viaggio di formazione e maturazione che alterna momenti contemplativi e di pura, estatica riflessione, ad altri circostanziati da momenti di tensione e dramma, peraltro resi con una calcolata ironia di fondo che accentua la goffaggine dei suoi autori materiali, caratteristica questa così umana e terrena che finisce per rivelarsi come l'elemento peculiare che contraddistingue gli inseguitori di Davud.

scena

In Between Dying (2020): scena

scena

In Between Dying (2020): scena

Orkhan Iskandarli

In Between Dying (2020): Orkhan Iskandarli

 

Tre scagnozzi imbranati ed insicuri che rappresentano in qualche modo la coscienza umana, scossa dalle circostanze che trovano il nostro uomo giostrarsi tra una serie di morti che paiono sacrifici orditi per un fine superiore e non ancora ben comprensibile.

Baydarov alterna la solennità riflessiva dei momenti dedicati alla presa di coscienza, all'ironia con cui si dispiegano gli avvicendamenti, di fatto drammatici, che scandiscono il viaggio esistenziale del ragazzo in fuga dai tre inseguitori, ogni volta alle prese con un mezzo di locomozione differente, ed ogni volta impegnati a risolvere contrattempi tecnici ai quali tuttavia non riescono a porre rimedi concreti.

Sullo sfondo, un paesaggio suggestivo e di una bellezza abbagliante e superiore, quasi irreale, in grado di convincerci del fatto che, se di viaggio si tratta, quello di Davud è piuttosto un percorso di coscienza, più che uno spostamento prettamente materiale.

Al Concorso veneziano, un film straordinario di un giovane autore arzebaigiano di gran talento, destinato a molto probabilmente a sorprenderci ancora.

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