Regia di Andrea Segre vedi scheda film
Andrea non sentiva Venezia come sua, allora, da bambino e da ragazzo.Doveva diventare uomo e conoscerla quando la fragilità di Venezia sembrava chiedere aiuto.Allora bisognava capirla. E lui l’ha fatto.
Molecole è un atto d’amore per Venezia, una città che non capisci ma che ami lo stesso, dove ti perdi ma alla fine la strada la ritrovi perché è solo perdendoti che puoi ritrovarti.
La musica di Theo Teardo, la fotografia,le lunghe riprese lente, sospese, di una città che il covid ha reso lunare, impossibile immaginarla così in altri tempi, bisognava andarci subito, il giorno dopo la “liberazione”.
Ora non è più la stessa cosa, anche se i segni, le ferite, sono rimaste, e già erano tante dopo l’acqua alta di pochi mesi prima.
Venezia è una città malinconica, invecchiata dolcemente, come quelle anziane siorete che si ostinano ad abitarci ancora e trascinano il carrello della spesa sui ponti e lungo le rive. Come quei muretti di mattoni rossicci sbrecciati, come quei pescatori antichi che sanno che saper pescare ti salva la vita.
Nel documentario su Marghera, Pianeta in mare, Segre a Venezia,lo scorso anno,aveva scelto di aprire con una lunga sequenza fatta di una gondola che peregrinava per la laguna e l’accompagnava una delle canzoni veneziane più belle e antiche, Peregrinazioni lagunari.
https://www.youtube.com/watch?v=_eTOv6njIbo
E poi si precipitava nel girone infernale di Marghera.
Oggi quel mondo sembra così lontano, improponibile.
Molecole, invisibili, ma ci sono, e decidono come sarà la nostra vita.
Molecole è un film intimo, memoriale.
Una presenza costante è il padre Ulderico, uno scienziato che parlava poco e l’ultimo giorno si alzò e non andò al lavoro.
Chiese ad Andrea di restare con lui.
Lo sapevi che quello era l’ultimo giorno in cui ti avrei visto?
Non c’è una risposta a certe domande.
Il film era pronto ad essere girato il 22 febbraio.
Chi avrebbe immaginato quello che sarebbe accaduto? Il vuoto, il silenzio, i morti, Bergamo, Brescia.
Puoi mai porti certe domande?
Quella di Andrea è la voce fuori campo, ci porta lungo il canal Grande, all’imbarcadero della Giudecca, nella piccola casa dove è rimasto bloccato anche lui per mesi.
Ci fa conoscere i veneziani che vale la pena di conoscere, Elena Almansi, la campionessa di voga che insegna ai turisti a vogare e guarda quel mare d’acqua senza onde, senza grandi navi.
Mai vista così, dice, ma che possiamo fare, il turismo ci vuole.
Ed è una nota malinconica, la sua.
Le panoramiche diurne ci restituiscono una Venezia ad acquerello, il celeste e il bianco dominano, piazza San Marco è il regno dei gabbiani che stridono con un brutto suono gutturale.
Di notte il giallo dei fanali, non vedi altro, all’alba la nebbia leggera fra i pontili.
I ricordi sono in vecchie foto un po’ sgranate, pezzi di una storia famigliare passata anche attraverso la guerra. Segre è un cognome ebraico, e la nonna continuò a temere che potesse accadere ancora qualcosa, negli anni della pace.
Andrea non sentiva Venezia come sua, allora, da bambino e da ragazzo.
Doveva diventare uomo e conoscerla quando la fragilità di Venezia sembrava chiedere aiuto.
Allora bisognava capirla. E lui l’ha fatto.
Vedere Molecole è un percorso nel suo animo, ma è anche un cammino di tutti, anche se lontani.
In mezzo alla Basilica di San Marco, nel pavimento, è incastonata una lastra di pietra corrosa e ondulata dai movimenti del mare che c’è sotto.
Si chiama “Il mare”. E il mare dà vita e dà morte. C’è un confine tra le cose che non si può spiegare, lo sappiamo e impariamo a conviverci.
Come quel giorno di marzo, quando la città si svuotò e l’acqua tornò liscia, i vaporetti si fermarono e le peregrinazioni in laguna le cantarono i vecchi marinai cucendo le reti per i futuri pesci, ora liberi in mare.
www.paoladigiuseppe.it
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