Regia di Vittorio Sindoni vedi scheda film
Un rispettabile uomo sposato sulla quarantina incontra una bella e giovane figlia dei fiori, e decide di fuggire con lei. Finisce in una sorta di comune dove, fra ragazzi allucinati e sesso un po' troppo libero per i suoi gusti, l'uomo perde la pazienza e il senno.
Interessante pellicola spudoratamente anti-sessantottina firmata da Vittorio Sindoni (con la collaborazione alla sceneggiatura di Rosanna Faggiani), regista classe 1939 i cui primi passi nel cinema furono caratterizzati da una certa ambizione; qui l’obiettivo è fin troppo chiaro e diretto: ridicolizzare la cultura dei figli dei fiori e al tempo stesso dipingere l’ancient regime, vale a dire la generazione degli adulti del ’68, come una casta spietata e incapace di lasciar andare le emozioni. Ce n’è per tutti insomma in questo lavoro che, d’altronde, non offre altrettante idee dal punto di vista meramente formale: la messa in scena è dignitosissima, certo, ma non particolarmente sofisticata (la sequenza dell’allucinazione è girata in modo poco convincente, per es.; quella del duplice omicidio è involontariamente quasi demenziale) e, scavando nei personaggi, non si ricava granché: tutta la costruzione sembra reggersi in piedi su un paio di valide intuizioni – quelle descritte in apertura – e nient’altro. Funzionano adeguatamente i protagonisti: Virgilio Gazzolo, Pamela Tiffin e, in parti minori, Toni Miranda, Renato Lupi e Armando Furlai. Siamo nel 1972 e il sogno degli hippies è ormai svanito da un pezzo; Sindoni in qualche maniera ci racconta perché: sia per le palesi debolezze della controcultura giovanile che per la cieca incapacità di accettazione da parte delle generazioni adulte. 4/10.
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