Regia di Ivan Ikic vedi scheda film
È impegnativo raccontare una complessa storia d’amore fra personaggi affetti da handicap e disabilità mentali e chiamarla Oasis, soprattutto dato l’ingombrante predecessore sudcoreano di Lee Chang-dong. Anche qui in effetti c’è una storia d’amore che è inevitabile porti a scontri, sangue e morte, ma nel caso del film serbo di Ivan Ikic l’eccessiva semplicità di una messa in scena poco arguta fa scardinare l’attenzione dello spettatore dopo pochi minuti. Si tratta dell’incontro fatale di tre giovani ragazzi malati, Robert Marija e Dragana, e delle esplosioni di gelosia di quest’ultima quando i primi due si scoprono innamorati. Il film sembra impilare pedantemente tutti gli ostacoli che impediscono a Robert e Marija di sfogare la mutua attrazione – mai sessuale – nonostante la presenza ingombrante di Dragana e quella di due infermieri che li trattano troppo spesso come fossero persone normali. Il film non sembra capace di “trattare” lo spettatore, ma proprio questo fatto sembra sempre più diventare, col procedere di Oasis, riflesso dell’incapacità dei personaggi stessi a interagire in modo normale. Il terzo segmento dedicato a Robert infatti, che è deciso a mantenere un mutismo quasi costante, sembra assecondare fino allo sfinimento i silenzi esplosivi e disperati del personaggio, e da che il film sembrava una sempliciotta e un po’ pretenziosa messa in scena di eventi pochi interessanti alla fine sembra invece diventare una silenziosa preghiera di autodistruzione. Non basta per salvare il film, ma può avere effetti alterni sullo spettatore, che non sa se avvilirsi per l’eccessiva durata o perché è un film cupo, scurissimo e disperato. E questa è una cosa curiosa.
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