Regia di Kamir Ainouz vedi scheda film
L'adolescenza anni 90 di una ragazza franco-algerina, divisa tra due mondi e due identità. Opera prima non del tutto originale, ma fresca e condotta con leggerezza e sensibilità.
77ma Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2020 – Giornate degli autori: film di apertura
Voto: 6,5 su 10
Nella Neully- sur -Seine (sobborgo di Parigi) degli anni 90 cresce l'adolescente di origine algerina Selma (Zoé Adjani). Negli stessi anni il suo Paese di origine è dilaniato dalla devastante guerra civile scatenata dai fondamentalisti islamici del Fronte Islamico Unito. La ragazza vive una doppia identità, un'adolescenza divisa, da una parte, tra i compagni e fidanzato francesi e la scoperta della sessualità e della sua personalità da adulta in una contesto occidentale, mentre dall'altra la famiglia, seppur lungi dall'essere integralista (sono berberi alto-borghesi istruiti, la madre è una ginecologa, neesuna donna in famiglia indossa veli, si beve alcool alle cene con invitati), è comunque portatrice di una mentalità più rigorosa di quella europea, soprattutto per quanto concerne la sessualità delle ragazze. E così, quando la vergine Selma inizia a frequentare un ragazzo francese e a pretendere maggiori libertà, crescono le tensioni, soprattutto col padre con cui prima aveva un rapporto di grande complicità. La famiglia, pur “contraria ai matrimoni combinati” la spingerà piuttosto ad una frequentazione a fini matrimoniali con un ragazzo di ottima famiglia algerina, con un'eccellente posizione sociale ed un lavoro remunerativo nel settore bancario: peccato che questi sotto l'impeccabile facciata si riveli un bruto. Nell'ultima parte, col rientro nella regione di origine, la montuosa Cabilia, dove le donne preparano i tipici dolci chiamati “sigari al miele”, il film si concentra sul rinsaldarsi del rapporto di Selma con la madre (Amira Casar) che ha sacrificato la carriera per la maternità ed ora vorrebbe aprire uno studio di ginecologia ad Algeri, nonostante la crescente pericolosità della situazione di conflitto e la violenza islamista.
Il film è l'opera prima di Kamir Aïnouz, sorella e quasi omonima di Karim Aïnouz, il regista dell'eccellente “La vita invisibile di Euridice Gusmao” (sebbene lei franco-algerina e lui brasiliano-algerino, sarebbe interessante approfondire la storia della famiglia). Cigare au Miel è un racconto di formazione in cui l'autrice ha trasfuso elementi autobiografici: condotto con mano sensibile sul filo del melodramma, tenero nella rappresentazione di un erotismo adolescenziale mai banalizzato, si fa seguire con interesse e leggerezza, senza sbracare nemmeno nella parti più drammaticamente impegnative. Sebbene non del tutto originale nel tema né nella presentazione (quante storie adolescenziali di formazione di “seconde generazioni” arabo-francesi abbiamo visto ai festival degli ultimi anni? cominciano ad essere un po' ripetitivi), la leggerezza del tocco fa ben sperare per il prosieguo della carriera di questa esordiente.
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