Regia di Kamir Ainouz vedi scheda film
A un certo punto la giovane Selma subisce una violenza sessuale in un albergo. La camera stringe cautamente sul suo volto sofferente e freddo. È lo stesso movimento di camera realizzato durante la gioiosa scena di sesso col fidanzato Julian, ma stavolta non c’è gioia, c’è solo un’amarissima passività. Selma torna a casa, fa finta di niente coi genitori – dicendo loro quello che vogliono sentire – e si siede sul suo letto a guardare nel vuoto. La camera sfoca e non riesce a rimettere a fuoco, è un lunghissimo momento di sospensione in cui Selma è completamente inerte e incapace di percepirsi perché privata dello stesso diritto di percepirsi. La regista Kamir Ainouz (sorella del regista vincitore dell’Un Certain Regard 2019) supera il fratello nel rappresentare la voglia di una donna di riappropriarsi del proprio corpo in un contesto particolare – famiglia algerina riadattatasi nella midclass francese di Neuilly-sur-la-Seine – di vincoli, matrimoni combinati e privazioni annesse e connesse. Sfuggendo gli stereotipi più tipici del genere, ma dosando il melodramma con accuratezza e parsimonia, Cigare au miel è certamente un film fresco e audace come è stato presentato prima della proiezione nelle Giornate degli Autori di Venezia 77 – audace per come è costruito sulle forme perfette di Zoe Adjani, che offre un’interpretazione realmente intensa – ma anche appassionante e sincero, scevro com’è di pietismi inutili e di folklore fuori posto anche quando la scena si sposta in Algeria. Menzione speciale ad Amira Casar che fa sempre piacere ritrovare sullo schermo.
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