Regia di Silvio Amadio vedi scheda film
Ottanta minuti, ma chissà quanti erano nella versione originale: perchè un film che nel 1969 parla apertamente di una relazione lesbica non poteva passare indenne attraverso le maglie della censura; quello di Amadio è però un tentativo piuttosto pacchiano di scioccare e attirare il pubblico con una storia tendente al morboso, nella quale però oltre al morboso c'è davvero poco o niente. Il ritmo è sonnolento, le due interpreti centrali sono bellocce senz'anima, le psicologie sono pressochè inesistenti e la tensione al femminismo si risolve blandamente in un quadretto stilizzato in cui gli uomini sono felici di essere trattati come oggetti e le uniche figure detentrici del pensiero sono le donne. Insomma, un disastro. Le musiche allegro-barzotte del maestro Pregadio (futuro personaggio televisivo) sono apprezzabili, ma risultano alla lunga invadenti poichè Amadio, non avendo sufficientemente materiale narrativo da mostrare, ripiega frequentemente sull'effetto cartolina: paesaggi e musica di sottofondo come piovessero, o almeno quanto basta per allungare la pellicola fino a una durata decente. Fotografia, non male, di Aristide Massaccesi; sceneggiatura del regista e Roberto Natale. Finale tragico non solo telefonato, ma pure con tanto di avviso di chiamata che parte dalla prima metà del film, quando compare per la prima volta in scena, senza motivo apparente, un fucile. 1,5/10.
Manuela pianta il ragazzo e va a trovare l'amica Eleonora su un'isoletta al largo della Toscana. L'isola è abitata solo da donne e ben presto le due amiche intrecciano un rapporto lesbico. Ma arriva il ragazzo di Manuela...
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