Regia di Zhang Yimou vedi scheda film
Gessetti e talkshow. Periferia e centro. Silenzi antichi e strade brulicanti. Letti di fortuna e ciotole di noodles. Negozi, ristoranti, stazioni ferroviarie semimoderne e un universo rurale povero, dimenticato, governato ancora da un bonario e severo capo villaggio. La Cina continua a rimanere sospesa tra un presente confuso e difficile (moderno?) e un passato fatto ancora di vecchie canzoni (maoiste?). Quando Zhang Yimou ci accompagna nella campagna cinese si ha la sensazione di vedere un film in costume, di premere il tasto rewind della Storia e di essere coinvolti, come spettatori, in una messa in scena in cui la finzione sfuma nella cronaca, nell’impegno civile, nel dibattito politico e nel documentario. In questo caso la tenera storia di Wei Minzhi, una supplente tredicenne, poco più grande dei suoi allievi, che parte a piedi per raggiungere la città e ritrovare un alunno, svela lo scarto, la distanza tra due realtà. La maestrina dal gessetto rosso si comporta e si muove come se si trovasse in un’altra epoca e non si arrende. In Cina, come altrove, per fortuna, i problemi si possono risolvere. In uno studio televisivo. Soprattutto se il programma si chiama “L’arcobaleno della vita” e le lacrime, vere, e i silenzi, mobilitano gli indici di ascolto.
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