Regia di Andy Tennant vedi scheda film
«Ogni cosa ha il suo tempo». È una delle prime istruzioni per la manutenzione della vita siamese che Anna, giovane insegnante d’inglese, vedova da quasi due anni, scopre al suo arrivo alla corte di re Mongkut. 58 figli da educare insieme alle mogli legittime e a una ventina di concubine. Da mezzo secolo Hollywood e le scene teatrali sentono un’attrazione fatale per una trama profumata d’amore platonico e speziata con il lusso dell’Oriente (questa fiaba romantica e vittoriana contava già tre diverse versioni). Mercati, templi, palazzi, giardini, statue, fiumi, saloni, banchetti, valzer, stile fotografico da National Geographic, piogge, festa del riso, folklore patinato sono la fastosa e, talvolta, ingombrante cornice di un rapporto personale nel quale pesano le frizioni tra due civiltà, due culture, la brutalità del colonialismo e il presentimento nostalgico di un mondo che si avvia al tramonto. Mentre Anna - come spiega una voce off - dona la sua luce al Siam, alcune trame secondarie rallentano la già pacata e decorativa progressione del racconto. Jodie Foster non è in forma e comunica un insolito gelo e da Chow Yun-Fat lo spettatore, deluso, si aspetta una piroetta, un balzo, un gesto energico.
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