Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Le vicende sentimentali di due coppie sulla quarantina si incrociano: lui cura la posta del cuore di un giornaletto, lei è una delle lettrici che gli scrivono; lei è sindaco di Roma e lui un vicepreside.
Nel 1998 Niccolò Fabi va al festival di Sanremo con una canzone dal titolo Lasciarsi un giorno a Roma; da qui proviene il titolo – certo evocativo e adatto al contesto – di questo film. Si tratta della quinta regia di Edoardo Leo, che si ritaglia anche uno dei quattro ruoli da protagonista e che firma il copione in compagnia di Marco Bonini, Lisa Riccardi e Damiano Bruè. Una commedia sentimentale dolceamara con poche velleità, ma quelle poche coltivate a dovere; la confezione è piacevole, il ritmo forse un po' scostante (anche la durata di poco inferiore alle due ore non aiuta, in effetti) e gli interpreti funzionano nei rispettivi ruoli. A tale proposito, il poker centrale di attori è composto anche da Claudia Gerini, Stefano Fresi e Marta Nieto, spagnola alla sua prima parte nel cinema italiano. Il finale è sbrigativo e accomodante senza dubbio; quanto allo snodo principale della trama, al colpone di scena che coinvolge Tommaso e Zoe, meglio tacere: siamo ampiamente oltre i limiti del prevedibile. Assortita già in modo più convincente la storia di Elena e Umberto, il cui fulcro è però un concetto altrettanto privo di originalità oramai: il ribaltamento dei ruoli di potere tra uomo e donna nella coppia. Amen. Sui titoli di coda, inaspettatamente, la canzone di Fabi. 3,5/10.
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