Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Sapevo che avrei pianto, e anche molto. Già dal titolo, che è il motivo principale per cui ho scelto di vederlo.
E' un film sull'importanza dei ricordi, che possono essere riassunti nella frase di Cesare Pavese (citata nel film): "L’uomo mortale non ha che questo d’immortale: il ricordo che porta e il ricordo che lascia." E allora possiamo dire che il film rende bene il senso del libro, frutto del desiderio di un uomo (nel film un Renato Pozzetto insolitamente vecchio e serio) e di sua figlia di ricordare e rendere "immortale" l'adorata moglie/madre defunta dopo oltre 60 anni di matrimonio.
Un uomo (e relativa famiglia) che colleziona opere d'arte e che di soldi ne ha parecchi; e allora perchè non investirne un po' in questo altro piccolo capolavoro?
Un sentimento bello e molto umano, questo di ricordare i propri cari (genitori, coniugi, figli o anche semplicemente amici o persone ritenute degne emeritevoli) e in qualche modo cercare di renderne immortale il ricordo, e che accomuna tante persone (Io stesso ho pubblicato un libro per cercare di rendere immortale una persona a me cara). Ma non per questo è un sentimento inutile o dannoso: rende più leggera la vita di chi resta, e alle volte permette agli stessi defunti di continuare a portare dei benefici, anche dopo morti, su questa terra. (Ad esempio, nel caso del film, il ricordo di una moglie rafforza nello scrittore il sentimento paterno).
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