Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
C’è qualcuno che non resta indifferente di fronte alla povertà e alla miseria in cui il 35% della popolazione di Hernaing, un piccolo paesino a Nord della Francia, è costretta a vivere suo malgrado.
È il signor Daniel (un realissimo Phelippe Torreton), maestro di una scuola materna, sempre in corsa per difendere – o almeno per cercare di farlo – i diritti fondamentali di cui ogni bambino dovrebbe godere: leggere, scrivere, parlare ma non solo “per dire parole che servono a sopravvivere”, sorridere, mangiare….vivere.
Il film è girato quasi come se fosse un documentario, soprattutto nelle parti in cui i bambini sono protagonisti assoluti e ci regalano momenti di assoluta e spontanea tenerezza.
Daniel lotta contro il sindaco, contro gli assistenti sociali, contro i fantasmi del proprio passato e finisce quasi per abbandonare il suo lavoro e la sua vocazione di maestro, quando la signora Doirel, ormai senza energia elettrica da più di otto mesi, decide di porre fine alla propria esistenza e a quella dei suoi due bambini.
Sono “cumuli neri come buchi rovesciati” quelli di fronte ai quali si trova Daniel, come quei cumuli che ogni giorno suo padre vedeva quando lavorava in miniera. L’incapacità di Daniel a non lasciarsi coinvolgere nei singoli drammi dei suoi alunni è anche una forma di riscatto: a causa di un padre che “ è pur sempre suo padre” non ha avuto un’infanzia facile e non riesce a farsi amare come padre dal figlio della donna che ama.
Daniel è un “bambino” che con gli altri bambini invoca giustizia, urla giustizia, la pretende….. rimboccandosi le maniche e ricominciando, ogni giorno.
Particolare merito va alla scelta di una voce fuoricampo – quella delle poetiche parole del libro che Daniel sta scrivendo – che affiora di tanto in tanto, quasi come una pausa di riflessione tra una scena e l’altra, quasi come per colmare quel “vuoto, a volte riempito di grida, a volte di silenzio”.
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