Regia di Woody Allen vedi scheda film
Con Crimini e misfatti Woody Allen a suo modo chiude gli anni Ottanta, caratterizzati politicamente dalle due presidenze Reagan (con l'appendice finale di Bush senior).
All'epoca della sua uscita, nell'esprimere parecchie perplessità su questo film, Giovanni Grazzini scrisse che «a noi invece sembra meno riuscito di Un'altra donna [...] Anche qui siamo alle prese col Woody Allen moralista, esploratore dei meandri affettivi e di certi costumi della New York di oggi». Ed infatti quello di Crimini e misfatti è un Woody Allen non moralista ma certamente interessato alle questioni etiche e morali. Questioni che sono affrontate dal regista alla luce di un pessimismo che a più riprese ha fatto capolino nella sua filmografia.
Concludendo la sua recensione pubblicata sul Messaggero del 19 febbraio 1990, Grazzini sosteneva che nel film «le due storie coesistono a fatica». Le due storie sarebbero quelle di due ebrei newyorkesi, il medico oculista Judah Rosenthal (Martin Landau) che, perseguitato dalla sua amante, la fa uccidere uscendone pulito e cavandosela con qualche lieve rovello morale, ed il regista di documentari Cliff Stern (Woody Allen), marito senza figli, in crisi con la moglie, frustrato nel lavoro, che coltiva l'unica ambizione di realizzare un documentario su un anziano filosofo ebreo, autore di un'elaborata teoria che esalta il valore della vita. Il finale del film prevede la vittoria dell'oculista assassino e la sconfitta dell'etico regista, tradito perfino dall'anziano filosofo, che si suicida. Si vede, quindi, che non si tratta di due storie, ma di una sola ben articolata, che ha lo scopo di chiudere un sipario scuro sugli anni del reaganismo (anche se da ormai un anno alla presidenza degli USA era salito George Bush senior).
Crimini e misfatti resta, a distanza di ormai tanti anni, uno dei migliori risultati di Woody Allen da quando decise di abbandonare la sua originaria vena puramente comica. (11 novembre 2017)
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