Regia di Woody Allen vedi scheda film
Allen dolceamaro, essenzialmente drammatico, ma con ampi risvolti di commedia o addirittura comici (la scenetta a quattro al ristorante, ma anche la fulminante battuta "L'ultima donna in cui sono entrato è la statua della libertà"). Il discorso è di uno spessore filosofico e religioso ben superiore alla media dei prodotti alleniani visti finora, inevitabile il paragone con il 'silenzio di Dio' bergmaniano; il crimine rimane impunito, il patetico viene accettato come buon gusto, l'arroganza trionfa sul sentimento sincero: è un film a dir poco crudele dove tutto ciò che può andare a finire male, lo fa. Eppure il filo di speranza del finale è chiarissimo: gli uomini continuano ad affannarsi alla ricerca di una giustizia e di un equilibrio pur precario in virtù della possibilità di lasciare un mondo migliore alle generazioni future. Malinconico, esistenziale, cinico, ma soprattutto mai banale.
Un oculista sposato assolda un killer per uccidere l'amante troppo insistente. Il delitto rimane impunito. Un documentarista subisce l'arroganza di un saccente e borioso presentatore, che lo fa licenziare e gli soffia pure la donna. La morale? Nella creazione divina non era compreso il concetto di 'giustizia' ed è inutile che gli uomini si affannino a cercarla in Terra.
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