Regia di Enzo Battaglia vedi scheda film
Una ragazza di provincia, dopo un litigio con i genitori, fugge a Roma insieme al fidanzato per rifugiarsi entrambi presso il fratello di lei; qui comincia per loro una nuova vita, soprattutto per la ragazza.
Con Gli arcangeli Enzo Battaglia fa il suo esordio dietro la macchina da presa, al netto di una co-regia con Vincenzo Gamna, La vita provvisoria, di qualche mese prima; già assistente, fra gli altri, di Pietro Germi, il Nostro ha in mente un cinema fresco, ma non per forza rivoluzionario, e di contenuti, per quanto piuttosto sofisticati, virati a un intellettualismo non del tutto efficace. Dal punto di vista formale c’è qualcosa di Nouvelle vague in questa pellicola (già i titoli di apertura hanno qualche affinità con gli esperimenti visivi di Godard), e nei contenuti anche qualcosa di Antonioni o più in generale del cinema cerebrale, di sguardo in profondità, di analisi sociale che in quegli anni stava fiorendo sui nostri schermi (Vancini, Zurlini, Bolognini, per fare qualche esempio). Eppure di Battaglia si sono perse molto presto le tracce, nonostante la sua carriera registica prosegua con altri cinque titoli fino alla metà dei Settanta, così come di quest’opera, che forse non va perfettamente a bersaglio ma risulta senza ombra di dubbio ambiziosa e architettata con estrema cura. La sceneggiatura è dello stesso regista, che ha qui a disposizione fra gli interpreti Maria Virginia Onorato, Paolo Graziosi, Stefano Satta Flores, Graziella Polesinanti e Roberto Bisacco: certo non nomi da botteghino, ma tutti attori validi e azzeccati. Sorprende che questa sia l’unica direzione della fotografia attribuita a Luciano Graffigna, che compie un ottimo lavoro in un non scontato (per il 1963) bianco e nero; da rimarcare anche la colonna sonora jazzata di Sandro Brugnolini e il montaggio di Silvano Agosti. 5,5/10.
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