Regia di Anthony Scott Burns vedi scheda film
Più che ai futuribili scenari alla Matrix o ad altre variazioni sul tema 'Brain in the vat', il soggetto originale di questo fantahorror di scandagliamenti onirici pone una semplice questione sui fondamenti della realtà e lo fa attraverso la fantasiosa coerenza dello storytelling sempre presente nell'elaborazione dei sogni.
Afflitta da una grave forma di insonnia e perseguitata da incubi ricorrenti, Sarah si propone come candidata per un progetto di studio dell'attività onirica in una clinica del sonno. Notte dopo notte però, sembrano emergere gli sconcertati dettagli di una dimensione inconscia che travalica i confini della mente, riversandosi pericolosamente nel mondo reale; o almeno è quello che crede la ragazza...
Sarah...svegliati è primavera!
Se la coscienza è ne più ne meno che la rappresentazione soggettiva di un essere pensante che elabora gli stimoli sensoriali dell'ambiente esterno, la riproduzione di una vera e propria realtà virtuale con cui si interpreta figurativamente sè stessi ed il mondo in cui si è immersi (Deutsch), distinguere interno ed esterno, verità e immaginazione, materiale e immateriale diventa una impresa impossibile in assenza di qualche riferimento certo (basterà un semplice SMS...virtuale?) che ci trascini via dalle angosce escatologiche di una ipotesi solipsistica e ci restituisca finalmente alle rassicuranti (o meno) certezze del mondo come lo abbiamo sempre conosciuto.
Più che ai futuribili scenari alla Matrix o ad altre variazioni sul tema del 'Brain in the vat', il soggetto originale di questo fanta-horror di scandagliamenti onirici pone una semplice questione sui fondamenti della realtà e lo fa attraverso l'elaborazione coerente, benchè fantasiosa, che lo storytelling sempre presente nell'elaborazione dei sogni opera sugli elementi di conoscenza acquisiti fino a quel punto; fino alla generazione di una realtà verosimile che non ostante le crepe e le smagliature di suggestioni e proiezioni (fuggire di casa, essere un vampiro, amare un nerd di bell'aspetto, etc.) e non ostante i ripetuti episodi di allucinazioni ipnagogiche che si materializzano nell'aldiqua come minacciose rappresentazioni di comuni paure ancestrali, non cessa di sembraci l'unica possibile dimensione in cui siamo immersi. Insomma credevamo di essere fuori e invece siamo dentro, all'interno di un incubo ripetuto di attraversamenti liminali, corpi immobilizzati di lungodegenti che incrostano le pareti di un tunnel e porte che si aprono sul mistero informe della nostra esistenza. Nell'ambigua e duplice accezione del titolo, specchietto per le allodole di un meccanismo di genere che tiene fino alla fine le carte coperte, una coscienza residuale che processa gli imput ricevuti dall'esterno diventa l'elaborazione di un personaggio (l'eroina, se stessa, l'adolescente un po' weirdy) alle prese con quei disturbi del sonno che se da un lato sembrano materializzare un mondo interiore che emerge alla realtà, dall'altro sono la spia di segnali che dalla realtà si insinuano nel sogno, fino al (letterale) rispecchiamento finale che, con un colpo di teatro (ed un messaggio di testo!), dà conto dei tanti indizi disseminati per strada. Tra una vertiginosa teoria di piani sequenza, efficaci effetti visivi, interessanti soluzioni di editing (tutti opera del sorprendente direttore della seconda unità di In the Tall Grass) ed uno score ipnotico cui lo stesso contribuisce come Pilotpriest insieme ad Electric Youth, l'esperienza destabilizzante della giovane Sarah (Julia Sarah Stone) è l'esplicita e personale rappresentazione di un mondo credibile che mostra allarmanti segni di obsolescenza, la realtà virtuale riprodotta in loop di un semivivo che finisce per introdurre sempre qualche bug interpretativo nella percezione della cascata di stimoli ricevuti a bordo letto, contenitore inerme di una residuale e disorganizzata attività corticale che qualcuno cerca disperatamente di restituitire alla vita (Ubik).
Diversi riconoscimenti al Blood in the Snow Film Festival 2020, per un film che a differenza del precedente Our House, ha consentito all'autore di ottimizzare il contenuto budget a disposizione (più ore a parità di soldi) e sembra non aver subito lo stravolgimento del montaggio imposto dalla produzione.
La vita è un sogno o i sogni aiutano a restare in vita?...
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