Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
Dumont è un autore da scoprire e da riscoprire, un cinema come dice l’autore stesso che si rifà a Pasolini e Rossellini e naturalmente i suggerimenti dei due nomi ci aiutano moltissimo nella comprensione delle tematiche e della direzione stessa, ma i suoi film hanno una personalità propria che mai scopiazza i due grandi autori, ma fa un cammino su quelle impronte in maniera personale ed arriva a livelli ragguardevoli, come in questo caso o ne L’Età Inquieta. Un personaggio che va oltre la sua presenza fisica, ma va oltre il chiaro significato che rappresenta di fronte ad una società ormai fuori dai suoi binari di vita vera e che non riesce neanche più a riconoscere l’umanità nelle persone giuste. La visione quindi non deve essere limitata in senso realistico, ma deve andare oltre e salire qualche scalino che è necessario per la comprensione del pensiero della storia stessa e del film nel suo complessivo. Che Cronenberg a Cannes si sia imposto sui premi, avvalora ancora di più il film, anche se certa critica nostrana ha cercato di distruggerlo, compresa una prima distribuzione per motivi di censura. E’ il secondo film del regista e diciamo pure che è del tutto coerente con il suo esordio, scegliendo però una strada più articolata e difficile, il regista tenta in questo caso una reazione visiva alla depressione in cui l’uomo si divincola e se le contestazione sul film ci sono state, può dispiacere, ma il tempo le salta a piedi pari.
uan storia diversa e ben rappresentata
regista particolare, che fortunatamente non si fa prendere dalle frange del potere critico
mette a disagio, ma è quello che il regista vuole
un realismo più cvhe efficace
durezza esibita come doveva aesere
ilo ruolo comprensivo della madre
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