Regia di Damien O'Donnell vedi scheda film
Nel prologo i ragazzi sono a una processione cattolica, dove portano la statua della Madonna, salvo fuggire precipitosamente a casa con la madre, quando il padre torna all'improvviso. La seconda scena del film è il matrimonio combinato del figlio maggiore Nazir che, al momento del fatidico sì, se la dà a gambe per diventare un ricercato parrucchiere gay alla moda, conosciuto con il nome anglicizzante di Nigel.
Affettuoso e ironico, tragico quando e quanto è necessario, il film del dublinese O'Donnell, classe 1967, sa fondere la descrizione dei problemi dell'integrazione razziale nei sobborghi delle metropoli britanniche, con l'analisi dei rapporti familiari che scaturiscono dall'unione di due culture assai diverse come la cattolica e la musulmana pakistana. Le contraddizioni sussistono innanzitutto all'interno del protagonista (interpretato dal valido Om Puri, che non è pakistano, ma indiano), il quale ha una moglie in Pakistan, ha sposato una bianca cattolica, ma pretende di imporre i matrimoni combinati ai propri figli. I quali gli si ribellano tutti, compreso il più piccolo che va in giro prennemente incappucciato in una giacca a vento. La tragedia esplode quando l'uomo, che non sarebbe neanche malvagio, se non si facesse troppo condizionare dai suoi connazionali integralisti, picchia la moglie, i due figli più miti e devoti e costringe al matrimonio il più ribelle puntandogli un coltello alla gola. Alla fine dovrà rivedere le proprie posizioni se non vorrà rimanere solo.
Quello che più funziona in "East Is East" è l'impasto di ironia e tenerezza verso un'Inghilterra che sapeva essere accogliente senza paure, all'alba degli anni settanta, anche se non mancano le rivalità etniche (i pakistani apostrofano gli indiani chiamandoli "sporchi adoratori di vacche") né uno xenofobo ottuso, il cui figlio, per ironia della sorte, è molto amico dei pakistani, che saluta sempre con il rituale "Salaam". Il bravo regista O'Donnell riprende lo stile del nuovo cinema inglese degli anni ottanta e sbozzola con intelligenza un ritratto del proletariato urbano inglese di 35 anni fa. Lo fa con carineria e con ruffianeria? Forse un po' sì, ma, se anche fosse, siano le benvenute quando il risultato è di questa riuscita.
Salford, sobborgo di Manchester, 1971: la famiglia Khan è composta da George, immigrato pakistano, dalla moglie Ella, cattolica, e dai sette figli, sei maschi e una femmina, che non accettano il tradizionalismo e i metodi dispotici del padre.
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