Regia di Ruben Östlund vedi scheda film
Ruben Östlund è ormai una firma riconoscibile del panorama cinematografico europeo e il suo ultimo lavoro non è altro che un consolidamento della sua visione poetica, non privo comunque di novità linguistiche.
Triangle of Sadness ci porta all'interno di una piccola e lussuosa nave da crociera, popolata unicamente dai membri dell'equipaggio e da un ristretto gruppo di ospiti milionari. Estremizzate dal gusto dell'autore per il grottesco e l'assurdo, le dinamiche sociali che si scatenano a bordo della nave (e non solo) rimangono l'interesse principale di Östlund, intransigente con la sua satira, la quale abbraccia alcuni dei temi più scottanti del presente. Così, mentre sul piano concettuale l'opera si diverte nel mettere a nudo ipocrisie e contraddizioni della società, ridotte spesso nell'anacronistica dicotomia capitalismo-comunismo, dal punto di vista stilistico l'autore appare meno radicale del solito: permane una predilizione per il campo totale ed il piano sequenza, mezzi espressivi da lui spesso sfruttati per caratterizzare le atmosfere surreali dei suoi film, ma in questa sua ultima pellicola tale integralismo registico fa un passo indietro rispetto ad un montaggio più presente, decisivo in termini di ritmo, ma il quale toglie forse qualcosa alla messinscena, tanto caratteristica, di Östlund. Triangle of Sadness è, nel complesso, l'opera più pop e divertente di Ruben Östlund, ma non condivide la grande inventiva registica delle precedenti e, soprattutto, soffre la mancanza di un tema centrato: nell'ingordigia di voler parlare di tutto e tutti, l'autore perde di vista i personaggi e si limita ad una satira che non scava mai realmente in profondità.
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