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Triangle of Sadness

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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La recensione su Triangle of Sadness

di mm40
9 stelle

Carl e Yaya sono giovani, belli e ricchi; entrambi modelli, stanno insieme più per reciproca convenienza che per altro. Carl, tuttavia, si è davvero innamorato e decide di portare Yaya a fare una crociera di lusso per dare una svolta al rapporto. La crociera si rivelerà però un disastro, con un capitano lunatico, un maltempo pesantissimo e persino un attacco terroristico. I due giovani, insieme ad altri sei tra passeggeri e membri dell'equipaggio, faranno naufragio su un'isola.


Era ora che qualcuno si rendesse conto del potenziale di un brano deflagrante e intimamente sovversivo come New noise degli svedesi Refused, vero e proprio cult del rock alternativo anni '90 (1998, per la precisione, l'anno di uscita); non sorprende che a farlo sia stato il connazionale Ruben Ostlund, regista di pellicole a loro volta deflagranti e intimamente sovversive, e che lo abbia fatto esattamente in questo Triangle of sadness, decisamente il suo film più politico. Quando scocca New noise finisce sostanzialmente la seconda delle tre parti di cui è composta l'opera; e si conclude anche la sua sezione migliore, quella più convincente senza dubbio. Se l'incipit, con la descrizione delle miserie e delle ossessioni di una coppia al di sopra di ogni sospetto (Carl e Yaya sono giovani, ricchi, famosi, bellissimi: che altro? Eppure litigano per le miserabili stupidaggini quotidiane di tutti noi), se l'incipit – si diceva – è in puro stile alleniano, da commedia brillante con protagonisti borghesi e trame nevrotico-psicanalitiche a seguire, ecco che la seconda sezione del lavoro, quella ambientata sulla nave, perfeziona irresistibilmente il giocattolo nelle mani di Ostlund. È qui che dramma e umorismo si fondono coscientemente e in maniera coinvolgente; è qui che sboccia la natura politica del film, con la prolungata e demenziale tenzone fra il capitalista e l'uomo del popolo; fra il filosofo spicciolo e l'allievo iconoclasta; fra il russo e l'americano. Se Triangle of sadness – carina l'idea del titolo, svelata nella primissima scena – finisse qui, sarebbe un capolavoro senza se e senza ma. Purtroppo però Ostlund, anche autore della sceneggiatura, aggiunge un terzo segmento ambientato sulla più classica delle isole deserte con una manciata di naufraghi destinati a fare gruppo tra loro nonostante le differenze di istruzione, di censo, di sesso ed etniche. Qui la storia si fa più scopertamente didascalica e coglie già meno nel segno, andando poco per il sottile; la parabola a ogni modo funziona e l'idea finale che i poveri cristi siano destinati a rimanere in eterno tali, va da sé, è azzeccata e ben assestata nel contesto. Nota a margine: la scena dell'asino, a tutti gli effetti superflua nel complesso della trama, potrebbe essere semplicemente un omaggio non dichiarato a Au hasard Balthazar (Robert Bresson, 1966). Charlbi Dean, Zlatko Buric, Harris Dickinson, Dolly De Leon e Woody Harrelson (nel personaggio più dichiaratamente comico: magistrale la sua interpretazione) sono i nomi principali del cast; due ore e mezza di durata ma con ritmo sempre alto; indiscutibile la Palma d'oro a Cannes. 9/10.

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