Regia di Leonardo Pieraccioni vedi scheda film
C’era una volta un giovane falegname che scriveva racconti per bambini e, con questi, diventò ricco e famoso. Un giorno incontrò una ragazza bella come una principessa, fece l’amore con lei una notte, se ne innamorò, ma poi scoprì che era molto fidanzata. Quattordici mesi dopo, quando il falegname si era stufato del successo e si era ritirato a vivere in una casetta tra i boschi, la ragazza ritornò con un bambino grasso e biondo che forse era suo. La fine è nota. Purtroppo, però, anche tutto il resto è stranoto: non solo l’esile traccia narrativa, ma anche ogni minimo scarto di registro, ogni battuta di Paolo Hendel, ogni desiderio realizzato di mamma e papà diventati improvvisamente ricchi, ogni colore coloratissimo, ogni rampicante fiorito, ogni seggiolina di design della casetta del protagonista, ogni gesto ed esibizione di Leonardo Pieraccioni davanti alla sua adorante macchina da presa. “Il pesce innamorato”, sua ultima fatica natalizia, non solo non ha più la vitalità e la novità di “Il ciclone”, ma pare aver assorbito tutta la stanchezza e la povertà di idee di “Il mio West” (scritto e interpretato da Pieraccioni e diretto da Giovanni Veronesi). Non si ride, non si resta incantati davanti alla favoletta, ma solo lievemente imbarazzati.
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