TAORMINA FILMFEST 66- CONCORSO LUNGOMETRAGGI
Il giovane turco Harun giunge in Germania ospite dello zio Irfan, con la moglie siriana incinta Hayat. In loco l'uomo dovrebbe iniziare a lavorare in nero, non avendo ancora alcun permesso di soggiorno.
Alla gentilezza e cortesia dello zio, non corrisponde un medesimo atteggiamento da parte della di lui consorte, diffidente con la moglie del giovane a causa delle sue origini curde, nei confronti della quale ostenta un comportamento freddo e scostante, di fatto assai indisponente, ma che non accenna ad alterare la buona predisposizione e l'atteggiamento pacifico e solidale della giovane.
Con la nascita del bambino, i rapporti della donna con la padrona di casa migliorano nettamente, tanto che la donna si affeziona alla coppia e al suo bambino, quasi come fossero figli suoi.
Quel provvisorio periodo di simil-idillio viene rotto la sera in cui Harun non fa più ritorno a casa, generando angoscia nei suoi parenti.
La verità sarà proprio la più tragica e crudele, acuita dalla circostanza della clandestinità, che obbliga anche a nascondere il corpo dell'uomo, immigrato illegalmente e alle prese con un lavoro in nero.
Opera prima intensa e commovente della regista turco-svedese Suheyla Schwenk, girato in Germania e con capitali tedeschi, offre una dolorosa via crucis sulla emigrazione, ma anche uno spaccato finemente intrecciato di rapporti destinati a modificarsi fino al raggiungere di un equilibrio, reso vano solo dalla crudeltà del caso e del destino più crudele.
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