Regia di Paolo Costella vedi scheda film
In realtà poteva andare peggio, poteva piovere. La pioggerellina in celluloide della Gialappa’s resta sicuramente un film mediocre, ma c’è un’idea di fondo, o almeno una pretesa di idea. Per certi versi ha un solo epigono celebre nella storia del cinema italiano: Il pap’occhio di Renzo Arbore, non a caso proveniente anch’egli dalla radio e dalla televisione. Ma a differenza di Arbore, i Gialappi sono meno naif e meno innocenti, più cattivi e più diretti e allo stesso modo dissacratori.
La differenza sostanziale fra quel film a suo modo destabilizzante e questo prodotto di fine millennio sta nell’organizzazione dell’accumulo: entrambi accumulano roba su roba, ma mentre Arbore cerca una sintesi nell’assurdo stralunato creando una storia che non è soltanto originale (che non può essere l’unico valore di un film), i Gialappi si adagian sull’alibi dell’originalità e si dimenticano di organizzare con ragionevole cognizione di causa i molti (troppi) personaggi che attraversano la storia.
Che, alla fine della fiera, risulta essere una sequela di sketch abbastanza televisivi (gli interventi di Aldo, Giovanni e Giacomo, i tormentoni di Maurizio Crozza e Fabio De LuigI, le apparizioni di Bebo Storti, Francesco Salvi, Luciana Littizzetto, Francesco Paolantoni) con poco mordente e sostanzialmente poco divertenti che ha due obiettivi: accontentare un pubblico televisivo fidelizzato e cazzeggiare sul grande schermo. I pochi attori estranei al mondo dei Gialappi (le cui voci off restano eccessivamente televisive) fanno quel che possono, ma è probabile che l’immenso Arnoldo Foà abbia accettato anche solo per farsi due risate.
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