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Il grido

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il grido

di giansnow89
7 stelle

Un uomo precipita nel suo baratro personale, ma nessuno è lì a tendergli la mano.

Aldo (Cochran) ha un ottimo lavoro in uno zuccherificio, una buona posizione in paese, una compagna, Irma (Valli) e la figlia Rosina. Nulla sembrerebbe poter turbare la sua routine quotidiana. Ma un giorno Irma, dopo aver ricevuto notizia della morte del marito che lavorava in Australia, confessa ad Aldo di non amarlo più. L'uomo abbandona il paese e cerca disperato rifugio prima presso la sua ex fidanzata Elvia (Blair), poi presso una stazione di servizio gestita dalla vedova Virginia (Gray) e infine presso la problematica giovane Andreina, che per arrotondare una vita di miserie si prostituisce. Stanco di questo infinito e inconcludente errare, torna infine dal suo grande amore perduto Irma, e dopo averla vista felicemente sposata e con un altro figlio, capisce che nulla più lo trattiene su questa terra. 

 

Siamo di fronte all'odissea personale di un uomo che vede le certezze della propria esistenza crollare. Quindi il primo grande tema è la fragilità della condizione umana, l'uomo può illudersi di tenere in mano le redini della propria vita, ma questa può sfuggirgli come sabbia fra le dita in ogni istante. Comincia allora la quest, la ricerca del Sacro Graal personale perduto, in una landa desolata e nebbiosa che è di impedimento alla vista e soffoca i polmoni, fa mancare il respiro, rallenta il pensiero. Aldo coraggiosamente non demorde, ma più prova a rimanere attaccato al ciglio della sua esistenza, più il male di vivere lo affossa e lo precipita nel baratro. Le donne della vita di Aldo sono egoiste, sole, indurite. L'universo disegnato da Antonioni è fatto di uomini-isola, ognuno con i suoi affanni e le sue aspirazioni: nessuno è interessato ad aiutare veramente Aldo, nessuno nota il suo inabissamento graduale, perché tutti sono troppo assorbiti da se stessi. 

 

Il film può annoverare certamente fra i propri pregi una fotografia melanconica e asfissiante, che rispecchia magnificamente l'assenza di aria, di vita nell'orizzonte del microcosmo di Aldo. L'interpretazione di Steve Cochran è grandiosa. Ma il film appare un insieme poco organico di episodi slegati fra loro: il filo conduttore è certamente il male di vivere di Aldo, tuttavia si fa una certa fatica a seguirlo nelle tappe del suo vagare, fin troppo irrazionale. Il che con ogni probabilità era esattamente l'effetto che voleva ottenere l'autore, ma il prodotto risulta un pizzico, solo un pizzico, anticinematografico. Comunque film fondativo nella carriera del regista emiliano.

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