Regia di Alfredo Angeli vedi scheda film
Il conigliaccio del film è un geometra alle dipendenze di un'azienda di costruzioni che, durante l'estate, lavora a Roma. Avendo la famiglia fuori città per le vacanze, l'ultima sera di libertà si porta a casa una ragazza incontrata casualmente, con l'intento di una serata allegra. All'improvviso, dopo una telefonata angosciata, la giovane tira fuori una pistola e si spara. Lungi dal chiamare i soccorsi o la polizia, il geometra inizia a vagare per la città in cerca dell'uomo, un certo Rossano, del quale ha intuito il nome durante la telefonata che ha preceduto lo sparo. L'uomo coltiva la speranza assurda che questo personaggio possa scagionarlo, assumendosi la responsabilità del gesto della ragazza, o, meglio ancora, che si porti via il cadavere.
Il protagonista del film del livornese Alfredo Angeli (1927-2005) è un vero conigliaccio (non per niente ci viene presentato quando un ruspista scopre un antico mosaico e lui, a spese della ditta, gli elargisce una lauta mancia – diecimila lire del 1967 – per comprare il suo silenzio e glielo fa distruggere), tanto che di fronte ai potenti è sempre pronto a scaricare le proprie responsabilità su qualcun altro. A un certo punto si rivolge perfino all'Altissimo per chiedere aiuto («Dio, fa' che non sia vero!») e cerca un prete, senza neanche sapere cosa dirgli, ma in ogni caso quello ha mal di denti e non gli dà udienza.
Il film di Angeli non è perfettamente riuscito, ma costituisce un esperimento interessante, giocato tra atmosfere quasi kafkiane, inserite in un contesto che rimanda, anche ironicamente, all'Antonioni dei primi anni Sessanta. Ingiustamente, La notte pazza del conigliaccio resta un oggetto quasi del tutto sconosciuto, che invece vale la pena di vedere. Peccato per la scelta degli attori, non tutti perfettamente centrati, compreso Enrico Maria Salerno, troppo esagitato nel tratteggiare il personaggio a lui affidato.
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