Regia di Mario Costa vedi scheda film
C'è un leit-motiv evidente in tutto questo estremo Spaghetti-W di media fattura, ma di grande impatto, ed è quello sessuale. L'azione infatti è progredita dalla pura esigenza di Johnny Laster di fare sesso. Ci prova sempre, ma c'è sempre qualcuno o qualcosa che lo ferma. E' un violento, non si fa scrupoli di nessun tipo e la sua astensione sessuale lo acceca ancora di più. Uccide senza battere ciglio, e persino i suoi complici ad un certo punto lo rifiuteranno. Il bel Ricardo, dopo la morte dell'amata, deciderà di porre fine a tutta questa storia, che gli decimerà poi tutti gli affetti (famiglia, amore e amici) una volta per tutte. Il Johnny Laster di Klaus Kinski è qualcosa di gigantesco. Basta questa sua performance per dimostrare quanto non è la produzione o la fattura finale di un film a fare la differenza: ma l'attore. Sono i personaggi, affidati ai volti giusti, a creare l'interesse alla pellicola e a decretarne o meno lo stato di cult. Johnny Laster è uno di quelli, o meglio...Klaus Kinski è uno di quelli. Perchè è lui che aderisce così profondamente al personaggio, che sembra tra l'altro il suo calco perfetto. Infatti nel carattere della "Belva" troviamo i tratti peculiari, e anche poi distortamente resi famosi, di Klaus Kinski: l'irrequietezza sessuale, gli scatti d'ira improvvisi, la sua violenta impetuosità, l'attaccamento al denaro, e l'isolamento muto e duro di un uomo contraddittorio ma profondo.
La seconda parte del film non solo scorre meglio, ma è più densa di azione e di belle idee, sia narattive che visive. Ed è proprio in questa sezione, quella dell'azione appunto,in cui Kinski da il suo meglio. Braccato da chi si vuole vendicare, desideroso di denaro e incontenibilmente arrapato (forse l'immagine dell'inquieto anti-eroe moderno?) comincia a dar fuori di sè, sbavando e uccidendo. Peccato però per la brevità dell'inseguimento di Juanita nel bosco, dove la ripresa molto "docu" ci scaraventa all'improvviso verso uno pseudo-reale tentativo di stupro, teso, serrato e senza fronzoli aggiuntivi. Peccato per i suoi tagli. Ma a colpire esageratamente l'immaginario spaghetti è la sparatoria finale (o semi-finale) in cui Ricardo spara e colpisce in viso la Belva-Kinski che ruzzola giù da alcune rocce davvero belle e suggestive, in una sequenza contorta e montata febbrilmente tanto da farci dire: "Muore proprio come una bestia". Il luogo di questo scontro bellissimo, montanto con rara ispirazione (che non si ha per tutto l'arco del film per esempio) è di una suggestione particolare, a metà strada tra il paesaggio lunare, il deserto di Tabernas e un non luogo imprecisato del nostro più intimo immaginario.
Grande Kinski: in "La Belva" è un gigante.
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