Regia di Mario Bava vedi scheda film
Isabella, indossatrice di un atelier di moda, viene uccisa da un misterioso assassino in impermeabile nero, cappello, guanti e volto coperto. Il suo cadavere viene rinvenuto in un armadio dell'atelier gestito dal signor Morlacchi (Cameron Mitchell) e dalla signora Cristiana (Eva Bartok), dove giunge a breve l'ispettore di polizia Silvestri (Thomas Reiner) a gettare nello scompiglio l'ambiente, scoprendo che Isabella aveva un amante, l'antiquario Franco, che a sua volta aveva altre amanti sempre all'interno dell'atelier.
Quando una delle modelle trova un diario tenuto da Isabella, il filo conduttore degli omicidi sembra diventare proprio questo diario, probabilmente custode di enormi segreti. Ma, mentre una modella dietro l'altra viene eliminata dallo stesso assassino, la polizia dapprima sospetta di qualche uomo dell'atelier, poi cerca un maniaco sessuale...
Sei donne per l'assassino, film del 1964 di Mario Bava, inaugura con successo il giallo a tinte forti all'italiana, filone che trova assai presto un illustre proselita come Dario Argento negli anni '70. Bava ha il grande merito di aver introdotto caratteristiche poi diventate dei veri e propri canoni del genere: un assassino spietato con guanti e volto coperto, un gran numero di morti spesso anche particolarmente violente, indagini degli inquirenti in secondo piano per lasciare ampio spazio alle atmosfere e alle scenografie, barocche e evocative.
D'altro canto, bisogna anche dire che la storia si segue con fatica a causa dell'eccessivo numero di personaggi presentati in scena e poi solo abbozzati se non addirittura dimenticati, ma la classe di Bava si manifesta non tanto nella costruzione dell'intreccio, quanto piuttosto nelle scene degli omicidi, curate, raffinate e ancora oggi in grado di fare un po' di paura; la fotografia, con i suoi colori vivi e accesi, non è stavolta opera di Bava, ma di Ubaldo Terzano.
Sei donne per l'assassino è uno di quei film che, poveri di mezzi ma ricchi di idee, furono degli autentici apripista, in questo caso di un genere che troverà il suo massimo col primo Dario Argento (ma anche con La casa dalle finestre che ridono, con tutte le differenze del caso) per poi calare di qualità e infine terminare troppo presto.
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