Regia di Clea DuVall vedi scheda film
Clea DuVall e le sue attrici: uncomfortable living room.
All’opera seconda da regista e sceneggiatrice dopo “the Intervention” del 2016, Clea DuVall, classe 1977 (“Ghosts of Mars”, “21 Grams”, “Carnivàle”, “Zodiac”, “Argo”, “Jackie & Ryan”, “the NewsRoom”, “Lizzie Borden Took an Axe”, “the Lizzie Borden Chronicles”, “Better Call Saul”, “Veep”, “the HandMaid’s Tale”), scrivendo il film assieme ad una delle sue attrici, Mary Holland (che interpreta ottimamente uno dei caratteri più sui generis), riunisce un cast stratosferico (Kristen Stewart, Mackenzie Davis, Alison Brie, Aubrey Plaza, Dan Levy, Mary Steenburgen, Victor Garber) lasciando ai componenti briglia sciolta tanto in overacting quanto in sottrazione e rendendo così questo “Happiest Season” un lavoro degno della più meritata attenzione.
In certi momenti sembra un “Meet the Fockers” diretto da Nora Ephron o da Garry e Penny Marshall o, al contrario, in altre situazioni ricorda un “SleepLess in Seattle / You've Got Mail” diretto da Jay Roach o da Paul e Chris Weitz, e nessuna di queste considerazioni, decontestualizzate e prese di per loro, afferma una qualità positiva, ma in realtà il totale funziona a meraviglia e si permette solo qualche concessione alla retorica estremista del volemose bene: non è Frank Capra e non è John Landis (e nemmeno un Bergman almodovariano girato da Neri Parenti, Enrico Oldoini o i Vanzina), questo va da sé (e si potrebbero citare - per assonanze caratteriali - due altri begli esordi di ragazze made in U.S.A. nate a cavallo fra i '70 e gli '80: "Whip It" di Drew Barrymore e "BookSmart" di Olivia Wilde), ma è un gran bel “film di Natale”, e non in senso apologetico.
Fotografia di John Guleserian (sodale di Drake Doremus, ma nonostante questo fa un gran bel lavoro). Montaggio: Melissa Bretherton. Musiche: Amie Doherty. Produzione: TriStar, eOne, Temple Hill. Distribuzione: Hulu/Sony. Lo champagne in cannuccia è gentilmente offerto dal popolo che ha eletto George W. Bush e Donald Trump: cosa dovremmo fare noi, allora, con Salvini, Di Maio e Renzi? Spararci una flebo di Tavernello direttamente dal cartoccio in tetrapak?
Alison Brie algida, velenosa, repressa e scatenata, le apparizioni trasversali e ipogee di Aubrey Plaza con la scorta dei suoi occhioni, la sintetizzatrice ambulante di serotonina Mary Holland e la coppia di protagoniste principali Kristen Stewart e Mackenzie Davis (scrittura, regìa ed interpretazioni creano a tratti vero malessere scaturente dai loro attriti e distanze quando raggiungono il culmine della curva tra i due estremi di felicità possibile e conquistata) innervano il film, lo sostengono, lo indossano e lo abitano: e l’occhio, il gusto e il sentor d’attrice di Clea DuVall le sfrutta al meglio.
* * * ½ (¾) - 7.125
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