Regia di Clea DuVall vedi scheda film
Opera sovraccarica di stereotipi e banalità, che nonostante la sua tematica forte e coraggiosa non lascia il segno, ma fa sbadigliare e sospirare a causa di una sceneggiatura debole. Antipatica e monoespressiva la Stewart.
Dal titolo, questo film sembrerebbe un richiamo alla nota trilogia interpretata da Ben Stiller e Robert De Niro, ma siamo proprio su un altro pianeta. Si tratta di un'opera gonfia di retorica e priva di auto-ironia.
Il copione non è per nulla originale. Ricalca cliché e stereotipi in modo molto prevedibile e poco interessante. Tutto sa di già visto, risaputo e stra-abusato.
Il tema dei figli che non riescono a confessare la propria omosessualità o anche altro ai genitori e che mentono per compiacerli, è sempre attuale, ma necessita di una messa in scena intensa, realistica, introspettiva e non fine a se stessa come accade in questo caso.
La trama è piuttosto banale, non ha inventiva né forza narrativa e le smorfiette della Stewart quando tenta di apparire espressiva, quale in realà non è, peggiorano le cose.
Tanti i dialoghi presumibili, i personaggi ovvi e antipatici e un ritmo piatto, non incline ai colpi di scena. Si susseguono perciò sequenze scialbe, tipiche di un cinema trito e ritrito, con l'aggiunta di qualche trovata patetica e grossolana.
Non manca poi il prototipo della famiglia unita (apparentemente) e dai sani princìpi morali, che dietro un falso perbenismo nasconde segreti e tanti pregiudizi tipici del caso, anche se, come sempre, vince l'amore, pertanto, ogni bugia e indecisione mosse dalla paura di essere sincere vengono perdonate sino a sfociare nell'atteso (e scontato) lieto fine - così lieto da risultare stucchevole.
Il coraggio di essere se stessi è, quindi, il motore del film.
Scadente nel complesso, pretenzioso e assolutamente trascurabile.
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