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Il segno del Coyote

Regia di Mario Caiano vedi scheda film

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La recensione su Il segno del Coyote

di giurista81
5 stelle

Film di rilevanza storica per la nascita del western italiano. Mario Caiano lo reputava il primo western diretto da un regista italiano e la cosa gli permise di esser utilizzato dalla Jolly, l'anno successivo, come prima scelta, relegando al ruolo di riserva un certo Sergio Leone.  Caiano diresse Le pistole non discutono. Leone, con gli scarti, Per un pugno di dollari. Il resto è storia.  "Se non si può essere leone, si deve essere coyote" recita una battuta del film e la cosa fungerà da triste presagio per la successiva carriera di Caiano, discreta ma non paragonabile a quella di Leone.

Qua Caiano si avvale della sceneggiatura di Mallorquì, sceneggiatore folkloristico che scriveva i copioni vestito da cowboy per meglio immedesimarsi nella storia. L'idea del coyote, che poi è una scopiazzatura di Zorro (la spada lascia campo alla pistola, anche se non manca un duello di fioretto), era stata già utilizzata a metà dagli anni cinquanta dallo sceneggiatore e dal regista Joaquin Romero Marchent.

Il film esce con ambizioni commerciali, poiché all'epoca il filone zorresco va forte ed è sempre più orientato al western, come dimostrano pellicole come L'Ombra di Zorro.

Caiano dirige con sicurezza e grande agio nelle scene d'azione, il suo taglio però è di vecchia concezione (inquadrature fisse, dissolvenze), anche se c'è già un certo uso di zoom e di carrellate. Pochi movimenti di macchina, zero invenzioni visive. Si spara, si cavalca e si muore con colpi a bruciapelo, ma manca sia la spettacolarità del post-leone sia la smargiasseria delle battute che arriveranno qualche anno dopo.

Le interpretazioni sono sufficienti. Il protagonista, che fu imposto dai soci spagnoli, non è poi così male come si dice. Caiano se lo vide arrivare sul set, senza mai averne una grande considerazione. Era un torero caro agli spagnoli che provarono a lanciarlo nel mondo del cinema. Non farà strada. Figurano invece almeno tre volti storici del western: Piero Lulli (grande prova in tribunale, all'inizio), Raf Baldassarre e Fernando Sancho (non sfruttato).

Notevole, per l'epoca una sparatoria collettiva nel villaggio western, dove Caiano piazza un paio di carrellate sui pistoleri schierati, un largo schieramento di comparse, uomini che cadono dai tetti e un paio di primi piani ben montati, dando un assaggio di quanto diverrà un marchio di fabbrica della cinematografia italiana.

Prodotto marginale, ma entrato, suo malgrado, nella storia del genere per essere uno dei primissimi spaghetti western. Bruttina la colonna sonora. Solo per cultori e storici del genere, con tanto di bacio conclusivo tipico dei film d'avventura dei primi anni cinquanta, su cui Caiano innesta uno zoom out hitchcockiano che ci porta fuori dalla camera dei due amanti, oltre la finestra, sospesi a mezz'aria.

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