Regia di Reinaldo Marcus Green vedi scheda film
Poste al cospetto di temi sensibili, le persone si dividono sostanzialmente in tre distinte categorie. Chi afferra al volo l’importanza dell’argomento proposto, chi rimane ancorato su convinzioni arcaiche, sostanzialmente per partito preso, e chi ha bisogno di tempo per arrivare a una comprensione completa. Similmente, c’è chi porge immediatamente la sua mano per fornire il suo aiuto, chi la tende per infierire, procurando ferite profonde, e chi arriva in ritardo, quando ormai è troppo tardi per regalare un valido sostegno.
In quest’ultimo caso, il senso di colpa assume dimensioni soffocanti, tali da essere mitigabili solo attraverso azioni trancianti e curative.
Dopo che il suo figlio adolescente Jadin (Reid Miller - You) è stato vittima di un’insopportabile forma di bullismo a causa delle sue inclinazioni sessuali, suo padre Joe (Mark Wahlberg – The fighter, Ted) decide di intraprendere un lungo percorso di condivisione, camminando dall’Oregon fino a New York.
Durante questo faticoso viaggio, farà conoscere a chiunque incontri quanto accaduto a suo figlio, cercando di sensibilizzare i suoi interlocutori, nella speranza che quanto accaduto alla sua famiglia sia di insegnamento a più persone possibili.
Joe Bell mette in scena una storia vera, consona per far aprire gli occhi sulle discriminazioni, soprattutto quelle che sfociano nella violenza, procurando talvolta danni irreversibili, tragedie che sarebbero evitabili semplicemente evitando di ignorare le richieste di aiuto, prendendo il toro per le corna invece di voltare le spalle. Nella fattispecie, parliamo di identità sessuale e bullismo, di giovani che non hanno la forza necessaria per sopportare le vessazioni dei coetanei e lottare per la libertà di essere semplicemente se stessi affrontando l’impietoso giudizio della gente, così come di quei genitori che sottovalutano la situazione, per poi ritrovarsi travolti dagli eventi e vedere sgretolate ogni certezza di punto in bianco.
Il film diretto da Reinaldo Marcus Green tra Monsters and men e King Richard, è tanto lodevole per l’iniziativa che promuove quanto cinematograficamente sgrammaticato. Dispone di una batteria di situazioni tipo disseminate su due piani temporali mescolati tra loro, che finiscono per determinare un effetto spezzatino. In pratica, raramente riesce ad affondare il colpo, in molti casi proprio sembra non volerlo fare, tagliando le scene prima di avvicinarsi al loro potenziale acme, ed è un peccato giacché per quanto il messaggio complessivo rimanga inconfutabile, in questo modo troppe congiunture risultano perlopiù abbozzate - per esempio, andando a limitare anche l’apporto di Gary Sinise (Forrest Gump, Omicidio in diretta), che è un piacere rivedere dato che da troppi anni partecipa a pochissimi progetti -, per giunta all’interno di un film tutto sommato breve (non arriva nemmeno ai novanta minuti).
Detto della sentita partecipazione di Mark Wahlberg svestito dai consueti - e ormai logorati - panni da action man (Transformers 4- L’era dell’estinzione, Infinite), Joe Bell è penalizzato da scelte precise e controproducenti, quantunque riconducibili alla rimarchevole volontà di non voler speculare sugli eventi narrati. Sbalza da uno stadio all’altro, viaggiando a targhe alterne all’interno di un’agenda che espone le vicissitudini caratterizzanti il legame tra padre e figlio, spaziando tra episodi che principalmente enunciano l’ingiusto disagio provato da Jadin e i demoni interiori che cingono d’assedio Joe, sostenendo la giusta missiva della promozione di una tolleranza inclusiva, che avrebbe però meritato un trattamento decisamente migliore.
Motivato e frammentario, franco e scompigliato.
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