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Essere John Malkovich

Regia di Spike Jonze vedi scheda film

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La recensione su Essere John Malkovich

di Gangs 87
7 stelle

Ho conosciuto il cinema di Spike Jonze con Her che ho amato e amato senza riserve, fin dalla prima volta che i mie occhi hanno incrociato e vissuto quelle intense inquadrature. Volevo guardare questo film da un po’ e quando ho scoperto che il regista era lui, l’entusiasmo mi ha attraversato e accompagnato per la visione della prima mezz’ora di genialità.

 

In questo ufficio, che si trova al settimo piano e mezzo di un grattacielo, dove il soffitto è così basso che tocca stare piegati o seduti, dove la poesia e il surrealismo sembrano farla da padroni (il video della spiegazione del perché il settimo piano e mezzo, vale più di una visione) Jonze colloca l’avventura del sognatore burattinaio Craig Schwartz, interpretato da un irriconoscibile John Cusack, che si costringe al lavoro d’ufficio solo dopo che sua moglie, una mai così brutta e sciatta Cameron Diaz, lo mette ancora una volta davanti alle sue responsabilità. Craig ignora che sarà proprio in quel bizzarro ufficio che troverà la sua massima realizzazione finendo per essere il burattinaio, nientemeno che di John Malkovich.

 

La geniale sceneggiatura pensata dalla mente di Charlie Kaufman, di cui ho amato anche Anomalisa e Se mi lasci ti cancello (mica lo sapevo che era lui il genio dietro questi film che adoro! Ora finirò per recuperare anche gli altri che ha sceneggiato), funziona in modo quasi perfetto per la prima metà della pellicola, quando ci viene spiegato il senso che sta alla base del racconto poi, quando l’idea passa alla fase esecutiva, conseguenziale a quella esplicativa, sembra un loop continuo in cui ogni scena finisce per essere uguale a se stessa o quasi. Il soggetto si ripete in continuazione senza mai evolvere concedendoci uno svolgimento ed un finale inadeguato per l’idea che sta alla base.

 

Fin quando si tratta solo di spiegarci l’idea e farcela piacere, Jonze sembra essere più che in grado di farla ma è quando entra in gioco il fattore psicologico che le cose si complicano. L’effetto delle conseguenze di quel gioco in un certo qual modo perverso, shakerato con l’amore rabbioso di Craig in contrasto con quello sognate dell’essere femminile (rappresentato dalla moglie e dall’amante platonica) creano un mix letale che conduce dritto dritto alla follia e approda nella solitudine.

 

L’esordio alla regia di Jonze (e alla sceneggiatura di Kaufman) ha insomma tutte le caratteristiche che si ripercuoteranno poi, in forma sicuramente vincente, nelle sue conseguenti pellicole. In questa, che parte come una commedia e si trasforma poi in un dramma moderno, se non futuro, il genio estroverso di un regista capace è già più che compiuto, in attesa di qualche accorgimento migliorativo che, vi anticipo (per chi già non lo sapesse) poi verrà messo in atto.

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